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Giuseppe Guarino
Attualità

Dopo 41 anni chiude la “Sartoria Armando” di Asti

Sabato Giuseppe “Pino” Guarino spegnerà per sempre le luci su una delle più note attività del centro storico

Sabato chiude la nota sartoria di piazza Catena

Dopo 41 anni di ininterrotta attività, sabato 15 dicembre si spegneranno per sempre le luci nella “Sartoria Armando” di piazza Catena, una delle storiche botteghe artigianali di Asti. Giuseppe “Pino” Guarino, 64 anni, titolare dell’attività che porta il nome del cognato Armando (deceduto nel dicembre del 1999), andrà in pensione e saluterà i tanti clienti che hanno trovato in lui non solo un artigiano molto capace, ma spesso un confidente e un testimone di come l’attività del sarto sia cambiata con il passare degli anni. Inaugurata nel maggio del 1977 dal sarto Armando Rondinelli, che aveva precedentemente lavorato negli Stati Uniti, la “Sartoria Armando” è diventata un’attività a gestione familiare nel 1980 quando Giuseppe, di ritorno dalla Germania, iniziò a lavorare insieme al cognato per venire incontro alle sempre più numerose richieste della clientela.

I ricordi del titolare Pino Guarino

«Una clientela molto diversa da quella di oggi – ricorda Giuseppe – perché aveva maggiori possibilità economiche e sovente ci venivano chiesti abiti sartoriali su misura. Non li abbiamo mai confezionati perché, se avessimo accolto le richieste di tutti, non avremmo più avuto il tempo per fare il resto del lavoro. Devo dire che una volta si aveva più cura degli abiti, forse perché costavano di più e si cercava di conservarli il più a lungo possibile. Oggi, invece, non ha più senso pagare 10 euro per una riparazione su un vestito che ne costa altrettanti». La “Sartoria Armando” chiuderà i battenti nonostante sia ancora oggi un’attività fiorente con una clientela molto affezionata.

Armando Rondinelli e Giuseppe Guarino

«Purtroppo i costi per tenere un apprendista a bottega, come succedeva una volta, sono molto alti e questo è un problema per i negozi artigianali. Qualcuno è anche venuto a chiedere per subentrare eventualmente nell’attività, ma poi non si è più fatto vivo. Credo che in Italia ci siano tanti problemi, tra cui l’eccessiva burocrazia e le tasse molto alte che colpiscono le partite Iva e gli artigiani. Questo fatto disincentiva molti ad aprire un’attività o a rilevarla, sebbene abbiano capacità o voglia di lavorare». Ma c’è dell’altro. «Diventare sarti – continua Guarino – significa doversi confrontare con una concorrenza fatta anche da cinesi i quali, sovente, rilevano queste botteghe sartoriali, ma offrono servizi a prezzi molto bassi».

Custode degli abiti dimenticati

C’è poi un aspetto della professione di Pino che ha quasi dell’incredibile. «Sabato chiuderò la sartoria per sempre, – spiega l’artigiano – ma non avete idea di quanti abiti abbandonati custodisco nel retro nel negozio. Tantissimi vestiti, giacche, maglie, pantaloni che mi sono stati consegnati per fare alcune riparazioni e che nessuno è mai venuto a ritirare. Potrei mettere su un negozio da quanti abiti ho “collezionato” nel corso del tempo». Negli ultimi 38 anni, il sarto di piazza Catena ha aggiustato o “salvato” i vestiti di centinaia di astigiani guardando fuori dalla sua vetrina che si affaccia nel cuore della città. E’ stato un testimone di come la società sia cambiata, ma anche la piazza «che una volta ospitava un importante mercato – ricorda – e che ha subito un lento e inesorabile declino». «Si è sempre parlato di rilanciarla, di farla tornare al suo antico splendore, – continua il sarto – ma invece non è stato fatto nulla e oggi è solo l’ombra di se stessa. Dispiace, perché avrebbe tutte le caratteristiche per essere un vero gioiello».

Da lunedì Guarino dedicherà più tempo alla sua passione paliofila con il Rione Cattedrale e tornerà a scuola con i corsi dell’UTEA. «Sono stati anni molto intensi in sartoria, – conclude – ci sono stati momenti belli e altri brutti, come l’improvvisa morte di Armando pochi giorni prima del Natale del 1999. Voglio però ringraziare tutti i clienti per la fiducia e l’amicizia dimostrate in questi anni e ne approfitto per augurare loro buone feste e ogni bene per il futuro».

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