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Attualità

Territorio Unesco, tra gli astigiani
serve più consapevolezza

Il 22 giugno scorso dal Qatar arrivava il riconoscimento UNESCO per le colline di Langhe, Roero e Monferrato. Accanto alla ben motivata soddisfazione politica per chi aveva lavorato nel corso degli

Il 22 giugno scorso dal Qatar arrivava il riconoscimento UNESCO per le colline di Langhe, Roero e Monferrato. Accanto alla ben motivata soddisfazione politica per chi aveva lavorato nel corso degli ultimi dieci anni allo scopo di conseguire questo ambizioso obiettivo, emergeva l'orgoglio di un intero territorio che all'improvviso scopriva di possedere un appeal internazionale, un valore storico, culturale ed economico tale da dover essere protetto e quindi associato alle meraviglie del patrimonio culturale e paesaggistico mondiale come le Piramidi d'Egitto e i Templi di Agrigento. Inevitabilmente, il pensiero di molti operatori economici, di produttori locali così come di alcuni enti, consorzi e associazioni andò alle potenzialità turistiche che il nuovo brand garantiva.

Le statistiche parlano di svariati milioni di turisti l'anno per ciascuno dei siti riconosciuti, oltre 700 in tutto il mondo. Quello Piemontese è il 50° in Italia ad aver ottenuto il riconoscimento. Fin da subito fu però chiaro che il lavoro da fare per poter accogliere i volumi di questi potenziali nuovi turisti era molto. Tavole rotonde, convegni e seminari sono serviti in questi ultimi sei mesi a fare il punto della situazione, a capire e definire dove questa parte di Astigiano stia andando e cosa si sia realmente costruito per promuovere il territorio. Non mancano però le note polemiche perché per alcuni osservatori non è stato fatto granché soprattutto se si considera evento internazionale in corso a Milano, ossia l'EXPO 2015. Guardandosi intorno, chi passeggia per via Maestra a Nizza o sorseggia un caffè in piazza Cavour a Canelli, cuore delle "core zone" locali, vi dirà che grossi cambiamenti non sono stati notati. Chi si aspettava file di pullman parcheggiati nelle periferie con orde di turisti in calzoncini corti, sandali e macchine fotografiche forse è rimasto deluso eppure qualcosa si sta muovendo.

Spulciando i dati dello IAT (l'ufficio turistico di Canelli) si scopre, infatti, che il numero di presenze registrate allo sportello è quasi raddoppiato nell'ultimo anno. In particolare si registra come nei primi mesi del 2014 la stagione turistica sia iniziata un po' in sordina per poi conoscere un exploit verso giugno. A giugno dello scorso anno, 442 persone si sono affacciate agli sportelli dello IAT per ricevere informazioni contro i 225 dell'anno precedente. Nel luglio 2014 sono state 506 contro i 296 del 2013 mentre ad agosto e a settembre i visitatori sono stati 577 e 522. Numeri che cominciano quindi ad essere importanti, soprattutto se si considera che gli uffici registrano il singolo accesso e non gli accompagnatori. Dallo IAT fanno sapere che da giugno sono aumentati i turisti italiani, attirati dal nuovo riconoscimento UNESCO. Tra gli stranieri, cresce il numero dei visitatori russi interessati in particolare allo Spumante. Tedeschi, olandesi e francesi si confermano ospiti fedeli e attenti alla qualità del soggiorno proposto.

Che viaggino in coppia oppure in tour organizzati, quasi tutti prediligono un turismo "green", con attività a contatto con la natura allo scopo di combinare la visita lungo gli itinerari paesaggistici con quella più prettamente enogastronomica. Sentieri per trekking, mountain bike e nordic walking sono le mete più richieste, accanto alle Cattedrali Sotterranee e alle diverse cantine sparse sul territorio in cui acquistare Moscato e Barbera. In poco tempo il riconoscimento UNESCO sembra dunque premiare il Monferrato e il Canellese. A questo punto però c'è chi invita ad una riflessione. Come Laurana Lajolo, della Fondazione Davide Lajolo, la quale recentemente si è interrogata sul significato e sul valore del riconoscimento UNESCO: «Da quando questo territorio ha ricevuto il riconoscimento non si è fatto altro che concentrarsi sulle ricadute turistiche. Questo è sicuramente un aspetto importante ma non dobbiamo perdere di vista la sostenibilità economica del territorio. Non possiamo pensare di convogliare su queste colline un turismo di massa. Si incorrerebbe nel rischio di usurare questo paesaggio». L'invito che la scrittrice pone è quello di riconsiderare e riproporre lo spirito della vecchia ospitalità contadina, che accoglieva l'ospite con un sorriso e un bicchiere di vino. «Questo territorio va scoperto e vissuto accanto a coloro che hanno contributo a plasmare queste colline» conclude la Lajolo.

Per farlo è necessario però costruire una maggiore consapevolezza sul valore del paesaggio prima di tutto negli stessi cittadini. «Sento ancora dire che siamo entrati nell'UNESCO perché abbiamo un paesaggio "carino". Non è così o almeno non del tutto -? racconta Annalisa Conti, vice Presidente dell'Associazione Paesaggi Vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato -? Ad essere premiato, prima ancora del paesaggio, sono le persone. Quella tradizione rurale che ha modellato con il sudore della fronte la natura, ordinandola attraverso i filari dei vigneti». Secondo Annalisa Conti, prima ancora di parlare di pacchetti turistici, sarebbe opportuno lavorare sulla consapevolezza degli Astigiani di vivere in un territorio universalmente tutelato in quanto unico e peculiare. Quanto alle critiche sui pochi risultati conseguiti all'indomani del riconoscimento Annalisa Conti tiene a ricordare: «le Dolomiti hanno impiegato tre anni prima di trovare la struttura organizzativa adeguata. Nel nostro caso, sono passati solo sei mesi. Ci stiamo lavorando».

Le fa eco anche Massimo Carcione (Club UNESCO Alessandria): «Quello che stiamo vivendo è l'inizio di un percorso di valorizzazione e restauro di un territorio. Ci vorranno ancora 5/10 anni prima di vedere significative ricadute in termini turistici. Capisco che chi sperava in riscontri immediati è rimasto deluso ma la stessa Venaria Reale ha dovuto attendere qualche anno prima di contare il volume di ingressi che registra oggi». Pazienza, dunque. Per ottenere i primi risultati si dovrà aspettare qualche anno e non senza una buona programmazione. Vero è che l'Albese, come al solito, pare ben organizzato e pronto a conquistare i flussi del turismo internazionale. Da Nizza e Canelli fanno però sapere che non si teme l'amato/invidiato cugino. «Alba ha il vantaggio dei suoi vent'anni di esperienza ma questo non ci spaventa. Sapremo anche noi proporre un'accoglienza adeguata» dice Flavio Pesce di Nizza, mentre a Canelli, Marco Gabusi rivela una nascente collaborazione tra l'ufficio turistico locale e l'ATL albese. D'altronde se da quelle parti della Langa "do it better" perché non prendere ispirazione proprio da loro?

Lucia Pignari

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