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Viaggio in Siberia, tra il grande gelo di Ojmjakon
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Viaggio in Siberia, tra il grande gelo di Ojmjakon

Paolo Piacenza, di Montegrosso, e l’amico Damaso Damasio, di Masio, si stanno preparando per la partenza in direzione del villaggio più freddo al mondo

Da settembre ad aprile i motori sempre accesi, per evitare che congelino e non ripartano più; il latte venduto in blocchi, congelato; le mucche portate all’aperto per solo un’ora al giorno, per abbeverarsi presso una sorgente calda; l’ospedale più vicino si trova a dodici ore di auto; le scuole per i bambini chiudono soltanto quando si supera la temperatura dei 50 gradi sotto lo zero. Siamo ad Ojmjakon, nella Siberia orientale, in Russia. Un villaggio di 500 abitanti, molto isolato, dove la popolazione vive contando solo sulle sue risorse.

Paolo Piacenza, di Montegrosso, e l’amico Damaso Damasio, di Masio, si stanno preparando per la partenza in direzione del villaggio più freddo al mondo. Ad Ojmjakon, nel periodo invernale, la temperatura media è di 50 gradi sottozero: il record si è registrato negli anni ‘20, quando si toccarono i -71 gradi centigradi. Tre ore di luce al giorno in inverno; mentre nel mese di giugno diventeranno 21 e la temperatura (solo per pochi giorni) salirà anche a 30 gradi sopra lo zero.

«La decisione di intraprendere un viaggio di tale genere deriva dalla curiosità di vedere con i miei occhi come la popolazione possa vivere in un luogo così estremo e inospitale, dove le leggi della natura predominano in modo assoluto», spiega Piacenza, geometra e personal trainer, appassionato di sport e di escursioni tra la natura e in paesaggi estremi, come l’amico Damaso Damasio, ingegnere aerospaziale. Dai bivacchi del Monviso al deserto del Sahara le esperienze di escursioni di Paolo Piacenza; Messico, India e Indonesia, sono state alcune delle mete di viaggio di Damaso Damasio.

«I viaggi che amo di più sono quelli in cui mi trovo profondamente immerso nella natura e nella cultura locale – sottolinea Damasio – Il viaggio in Indonesia è stato uno dei più intensi e ricchi di emozioni. La settimana trascorsa a Giava mi ha permesso di conoscere un’isola dalla natura incontaminata e rigogliosa, ricchissima di tesori. E’ stato affascinante poter ammirare il vulcano Bromo all’alba e poter udirne il suono reboante dall’alto della caldera». La partenza è fissata per il 3 gennaio: prima il viaggio in aereo, con scalo a Mosca e arrivo a Jakutsk, città di oltre 200 mila abitanti, nel nord est della Siberia, la più fredda del mondo. Quindi, a bordo di una jeep, il viaggio di tre giorni, percorrendo circa mille chilometri, che porterà Paolo e Damaso ad Ojmjakon.

L’attrezzatura, di tipo himalayano, è già stata acquistata ed ora ci si dedica alla preparazione del fisico, affinché possa affrontare le temperature così rigide della Siberia: «In particolare docce fredde e abbigliamento leggero, una semplice maglia o, meglio ancora, maniche corte, quando esco di casa, nonostante in questi giorni la temperatura sia scesa: è il miglior modo per temprarsi al freddo che troveremo ad Ojmjakon nel mese di gennaio, il periodo più freddo dell’anno per quella zona. In questi giorni in quella zona si ha una temperatura di -50 gradi», ci racconta Piacenza, che sta vivendo con grande entusiasmo l’attesa della partenza.

«Nel villaggio saremo ospiti degli abitanti, nelle loro case, scaldate con stufe a legna fino a raggiungere anche i 30 gradi, per accumulare calore in modo da affrontare il freddo esterno – spiega Piacenza – Mangeremo i piatti del loro vivere quotidiano, basati su carne, pesce e zuppe. E saremo anche ricevuti dal sindaco del villaggio». Nel programma di viaggio anche la possibilità di assistere alla pesca tra i ghiacci e la visita al museo del permafrost e al museo dei mammut.

«Percorreremo, da Jakutsk, la “strada delle ossa” e avremo occasione di vedere i gulag. Andremo anche a Tomtor, a 35 chilometri da Ojmjakon, centro noto per le miniere d’oro. Credo che sarà un’esperienza che mi offrirà la possibilità di provare belle e profonde emozioni – dice Piacenza – Lascerà sicuramente il segno vivere anche solo per poco tempo a contatto con la popolazione, tra povertà e condizioni climatiche estreme, che condizionano qualunque attività quotidiana».

Marta Martiner Testa

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