La Procura di Torino scoperchia la pentola dei “favori”
Ha una genesi astigiana l’inchiesta “sanitopoli” che ieri ha portato alla notifica di accuse che vanno dalla corruzione alla turbata libertà del procedimento di scelta del contraente passando per falso ideologico in atti pubblici avvenuta a carico di 25 indagati.
Titolari sono la Procura di Torino e i Nas del capoluogo, ma tutto è partito da accertamenti fatti su alcune sospette certificazioni mediche riferite alla pratica di richiesta di pensione di invalidità avanzata da Pierino Santoro, l’ex direttore amministrativo dell’Atc di Asti condannato a oltre quattro anni per aver sottratto poco meno di 10 milioni di euro dalle casse dell’ente che gestisce le case popolari. La pensione di invalidità gli avrebbe consentito di ricevere circa 280 euro mensili ma forti sospetti sorsero alla presentazione dei certificati medici che attestavano un forte stato di ansia e depressione. Tali certificati, secondo quanto riferito da Nas e Procura, si rivelarono poi falsi e la pensione venne revocata in seguito ad una visita medica straordinaria dell’Inps Piemonte.
Quella consulenza sospetta
Ma proprio nel corso degli accertamenti sui certificati, gli inquirenti si sono imbattuti in una rete di relazioni e di scambi di favori fra “baroni” della medicina che ha portato ad una indagine a parte.
Non solo psicologi e dirigenti medici fra cui anche professori univesitari associati, ordinari e ricercatori della Facoltà di Medicina e Chirugia dell’Università di Torino, ma anche medici di strutture sanitarie di primaria importanza regionale come la Città della salute di Torino e il San Luigi Gonzaga di Orbassano.
Queste le motivazioni che hanno portato alle notifiche: «E’ stata determinata l’emersione di un sistema clientelare fondato su reciproche concessioni tendenti a ottenere agevolazioni o raccomandazioni nelle procedure di concorsi per l’assegnazione di ruoli medici dirigenziali nelle specialità di Psichiatria e Psicologia Clinica».
Concorsi cuciti su misura
Fra le pieghe delle indagini emergono prassi consolidate con le quali i bandi venivano “cuciti su misura” sui candidati già predestinati a vincerli in modo da limitare al massimo il numero di altri concorrenti e garantire la scelta del favorito. Quando questo non poteva essere fatto, l’agevolazione consisteva, più banalmente, nell’anticipare ai candidati raccomandati le domande che sarebbero state poste al concorso.
Al centro di questo sistema un noto professore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università al quale si rivolgevano studenti, psicologi e dirigenti medici per ottenere assunzioni o rinovi di esse nelle cliniche universitarie.
Una prassi consolidata a tal punto che, come emerge dalle intercettazioni, nei loro colloqui informali, gli indagati si rivolgevano ai concorsi direttamente con il cognome del futuro vincitore.
Sei i concorsi finiti sotto la lente della Procura di Torino.