Una storia diversa
Si è tenuto lunedì, in un tribunale ancora a “metà servizio” per i lunghi ponti, l’interrogatorio di garanzia per una vicenda che squarcia il velo su realtà cittadine inimmaginabili per chi non frequenta un certo tipo di giri.
Parliamo di prostituzione.
Ma non quella che i lettori sono abituati a leggere e a vedere, ovvero quella evidente e “abitudinaria” ormai delle ragazze di colore o dell’Est che si vendono di notte sulle più trafficate strade cittadine.
Prostitute straniere comandate da sfruttatori connazionali senza scrupoli che spesso vanno ad alimentare una crescente xenofobia.
No, questa volta la storia è molto diversa.
Una vicenda di donne
Intanto perchè è un “affaire” solo fra donne: donna la presunta sfruttatrice, donne le due presunte vittime.
E poi perchè di straniere non ce ne sono: astigiana la presunta sfruttatrice, astigiane le due presunte vittime.
Altro particolare che caratterizza l’eccezionalità di questa indagine è il fatto che la presunta sfruttatrice non sia una disperata in cerca di facili guadagni, seppur illegali: arriva da una famiglia borghese e benestante della città che le ha fornito un’educazione di primo livello e che è letteralmente capitolata quando ha letto le tremende cose delle quali è accusata la ragazza.
Accuse gravissime
Con soli 31 anni, la ragazza, difesa dall’avvocato Patrizia Gambino, deve rispondere di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di due astigiane di appena qualche anno più giovani di lei.
Ad aggravare la sua posizione è che una delle due “parti offese” è stata dichiarata da tempo invalida psichica al 100% per una patologia di cui è affetta.
Ha scelto di non rispondere
Durissime le accuse contenute nell’ordinanza di arresto firmata dal pm Fiz che ha presenziato all’interrogatorio di garanzia di ieri in cui l’imputata ha scelto la via del silenzio in attesa di prendere visione di tutti gli atti raccolti nell’indagine.
Dalle quali emergerebbe un rapporto di lunga data dell’arrestata con la ragazza in stato di infermità mentale.
Un rapporto fatto di assidue frequentazioni e camuffato da una solida amicizia, o almeno tale era la percezione che ne aveva la ragazza quando si è confidata con alcuni degli assistenti sociali che la seguono costantemente.
Quelle “false amicizie”
E’ da quella mezza frase riferita alle “amicizie false che ti fanno fare cose brutte” che è partita l’intera indagine.
La prima cosa accertata è che il numero di telefono della ragazza più fragile compariva in numerosi siti locali di escort per incontri sessuali a pagamento.
Gestiva gli incontri
L’arrestata in più occasioni, secondo le intercettazioni, avrebbe gestito direttamente gli appuntamenti della ragazza invalida, dettando orari e tariffe e riscontrando di persona la “qualità” delle prestazioni visto che metteva a disposizione il suo alloggio, in un lussuoso palazzo della zona Nord della città.
Da questa circostanza nasce l’accusa di induzione e favoreggiamento della prostituzione. E, sempre secondo le accuse, per ogni prestazione si tratteneva una cifra a titolo di “ospitalità”. Di qui l’accusa di sfruttamento.
Con l’aggravante di aver commesso il fatto nei confronti di una persona in stato di minorazione psichica.
Aggravante che non persiste nei confronti della seconda ragazza che, sempre secondo le accuse, si prostituiva nello stesso alloggio dietro una parte dei compensi ricevuti dai clienti.
Dopo l’interrogatorio è stata riportata in carcere a Torino.