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«Soltanto io devo pagare, non tutta la mia famiglia»
Cronaca

«Soltanto io devo pagare, non tutta la mia famiglia»

L’agente della polizia locale licenziato dopo le timbrature irregolari racconta: «Ho sbagliato ed è giusto che chi sbaglia paghi per i suoi errori, non ne discuto, ma non capisco perché a pagare debba essere anche tutta la mia famiglia e soprattutto mio figlio, che ha 3 anni e si ritrova a passare un Natale in povertà come mai augurerei a nessuno.»

«Ho sbagliato ed è giusto che chi sbaglia paghi per i suoi errori, non ne discuto, ma non capisco perché a pagare debba essere anche tutta la mia famiglia e soprattutto mio figlio, che ha 3 anni e si ritrova a passare un Natale in povertà come mai augurerei a nessuno.»

A parlare è Mario Versili, vigile urbano, anzi, ex vigile urbano di Villanova d’Asti, licenziato, insieme al collega e superiore Vito Parisi, con l’accusa di truffa aggravata nei confronti del comune. Versili è stato accusato di timbrare il cartellino del proprio superiore e di aver a sua volta usufruito, sia pur in misura decisamente inferiore, dello stesso vantaggio, timbrando il proprio e poi allontanandosi dal posto di lavoro.

Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Asti hanno per il momento accertato nei suoi confronti un danno per il Comune di poco più di trecento euro, ma al pari del suo superiore, cui è stato contestato un danno ben maggiore, è stato licenziato, senza il riconoscimento di alcuna attenuante. Per la legge Madia, cui il Comune di Villanova ha fatto riferimento, infatti, il licenziamento è la pena stabilita per tutti i casi di manomissione delle timbrature di presenza sul posto di lavoro, ma per Mario Versili, 62 anni, di cui 40 passati in servizio come vigile presso il comune di Villanova d’Asti, il licenziamento ha coinciso con l’inizio di un incubo, giorno dopo giorno rivelatosi più tremendo.

«A due anni dalla pensione mi ritrovo senza un lavoro, senza diritto all’indennità di disoccupazione, senza possibilità neppure di poter attingere alla liquidazione, che dopo 40 anni di servizio mi aspetterebbe – si sfoga – Per noi dipendenti pubblici sono state varate leggi che ci equiparano giustamente al settore privato, ma non sono stati adeguati gli ammortizzatori e gli altri benefit invece previsti per quel settore e in questo caso si è creata una vera disparità di trattamento. La nostra liquidazione viene gestita dall’Inps e i tempi di erogazione sono di due anni, mentre un privato vi accederebbe in poche settimane. Non vado certo orgoglioso di cosa ho fatto, ma spiegherò al giudice la vicenda, rimettendomi al suo giudizio, mentre qui sono già stato condannato e giustiziato, ancor prima della sentenza. Mia moglie aveva un lavoro saltuario, ora è a casa anche lei e per poter comprarmi da mangiare devo chiedere sostegno a mia sorella , che con la sua famiglia per fortuna non mi ha abbandonato. Tra un po’ non potrò pagare le bollette di luce e gas, non potrò far fronte alle rate del mutuo che stavo sostenendo per dare una casa a mio figlio. Passerò un Natale da poveri, con l’angoscia di quello che potrà essere il futuro e sinceramente, anche volendo riparare i miei errori, mi sembra un prezzo davvero troppo esagerato, per quanto ho realmente fatto e non posso non domandarmi se veramente non c’erano altre soluzioni per sanzionare il mio gesto, senza rovinare anche la mia famiglia e il futuro di un bambino di 3 anni che di tutto questo, per fortuna, non sa ancora nulla. Adesso , per dare una mano ai bambini delle scuole ,ho chiesto di poter aderire al servizio dei Nonni Vigili, in attesa che qualcosa riprenda a girare per il verso giusto.»

Franco Cravero

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