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«Sono stato l’ultimo a sentirle battere il cuore»
Cronaca

«Sono stato l’ultimo a sentirle battere il cuore»

Abbiamo raccolto la testimonianza del giovane Luca Pavanello, 20, l’unico tra gli automobilisti presenti che ha cercato di salvare Eleonora dopo l’incidente di domenica a Montegrosso d’Asti

«Ero al volante di una delle macchine coinvolte nell’incidente, ho visto tutta la scena e, dopo esserne uscito illeso, mi sono affrettato a soccorrere le vittime. Ho soccorso anche la bambina con l’aiuto di un operatore del 118 che, al telefono, mi dava indicazioni su come fare. Nella tensione mi sono guardato attorno per cercare aiuto, o per lo meno sostegno, e ho visto una scena che mi ha fatto gelare il cuore: alcune persone, invece di chiamare i soccorsi, stavano lì a guardare immobili, alcune addirittura col telefono in mano a fare foto come se fosse un evento da poter raccontare o far vedere ad amici. Io non sono nessuno per giudicare, ma posso esprimere la mia opinione: se fosse stato un vostro parente o un vostro figlio, sareste stati lì a fare foto o avreste cercato di chiamare soccorsi per salvare questa povera creatura che purtroppo ora non c’è più? Non ho più parole per descrivere dove sia arrivato il genere umano».

Questo è il racconto del giovanissimo Luca Pavanello, 20 anni che, seppur coinvolto nell’incidente di domenica pomeriggio, si è fatto forza e ha tentato di tutto per strappare Eleonora al suo terribile destino. Non ce l’ha fatta, ma almeno ha provato a fare la sua parte, mentre intorno a lui, persone anche più grandi, sarebbero rimaste immobili, o addirittura c’era chi avrebbe scattato foto. Pavanello ha scritto su Facebook la sua testimonianza, ricca di rabbia e amarezza. L’abbiamo contattato al telefono lunedì mattina.

«Dopo lo schianto ho chiamato il 118 perché nessuno lo stava facendo – ricorda Luca, ancora scosso per quello che ha visto – Prima ho notato i genitori della bimba, il padre sotto shock, la madre ferita, ma quando ho visto la piccola in auto, ancora legata e che faticava a respirare, mi sono ricordato di quello che avevo imparato a scuola guida e nelle lezioni di primo soccorso a scuola e ho agito senza pensare ad altro». Attimi che sembrano minuti, ma che per Eleonora hanno rappresentato l’avvicinarsi dell’inevitabile conseguenza dello schianto. «Ho adagiato la bambina sull’asfalto, le ho strappato il giubbotto perché le comprimeva il torace impedendole di respirare e, con suo padre in piedi davanti a me, ho iniziato a massaggiarle il torace mentre sentivo il suo battito ogni sette secondi circa. Al telefono avevo l’operatore del 118, ma avrei voluto almeno un sostegno morale da parte di quelle persone presenti. Poi, solo quando ho gridato: “Venite a darmi una mano!”, un signore, si è avvicinato per aiutarmi».

Pavanello, che non è un medico, ma un ragazzo davanti ad un evento più grande di lui, non si è lasciato prendere dal panico e ha continuato a massaggiare la bambina, sebbene sentisse il suo piccolo cuore spegnersi poco alla volta. «Credo di essere stato l’ultimo a sentire battere il cuore di Eleonora, – continua il giovane – poi, dopo circa dieci minuti, sono giunti i soccorritori e mi sono fatto da parte. Però non posso dimenticare quello che ho visto: al giorno d’oggi siamo schiavi dei telefonini, dei social, come hanno potuto stare fermi?»

Luca, che meriterebbe di essere premiato per quello che ha fatto, ha tentato l’impossibile, ha fatto ciò che poteva e i genitori di Eleonora, pur nello strazio di quello che li aspetterà nei prossimi giorni, avranno almeno una certezza cui aggrapparsi: in quegli ultimi minuti, qualcuno le ha tenuto la mano, un amico ha tentato di farle forza, ha provato a rianimarla mentre si trovava su quella fredda strada buia. Eleonora e Luca, il destino ha voluto farli incontrare per pochi minuti, ma quello che la loro straziante vicenda ci insegna sarà difficile da dimenticare, nel bene, come nel male.

di Riccardo Santagati

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