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Attualità, Economia

Ritorno alla terra per una coppia di Torino

Niccolò ed Emy coltivano il sogno di creare una loro azienda agricola per poi trasmettere conoscenze e saperi alle popolazioni etiopi

Fuga dalla città

Fuggire dalla città per costruire la propria vita e il proprio futuro tra campi e le colline di moscato, ripercorrendo al rovescio le orme dei nonni che cinquant’anni prima avevano abbandonato le campagne per cercare impiego in fabbrica. In tempi di crisi economica sono svariati gli esempi di giovani ragazzi che provano a cercare la propria strada nella terra, rispolverando gli antichi saperi contadini tramandati in famiglia. Quella che vi proponiamo da una cascina di San Marzano Oliveto è invece una storia diversa.

L’Etiopia nel cuore

Qui la sfida è avere un sogno che ne contiene uno più grande: quello di aprire una propria azienda agricola in Italia per poi trasferire saperi e conoscenze acquisite a popolazioni lontane, in Africa, dove la coltivazione è per lo più di sussistenza. E’ la storia di Niccolò e della sua compagna Emy, di origini etiopi, che da quattro mesi hanno lasciato Torino per trasferirsi tra le verdi colline pettinate a vigneto del Sud Astigiano. Qui, i due ragazzi di 31 e 27 anni, entrambi laureati in Scienze e Tecnologie Agrarie, hanno acquistato una casa e i terreni limitrofi e ora provano a mettere a frutto quanto appreso in cinque anni di lezioni.

La sfida tra le colline di Moscato

«E’ stato un salto nel vuoto anche perché nessuno di noi due proviene da una famiglia contadina. Non disponevamo quindi di consigli pratici diretti – racconta Niccolò – All’inizio è stata dura. Un conto è la teoria o le slides che sfogli a lezione. Un’altra cosa è la pratica sul campo, in tutti i sensi». I ragazzi si sono infatti trovati a dover affrontare le prime difficoltà: dal corretto utilizzo degli attrezzi agricoli alla manutenzione dei vigneti.

Una nuova famiglia

Si può quindi facilitane immaginare come quei due “cittadini”, alle prese per la prima volta con un trattore in panne, abbiano potuto intenerire i vicini di casa e come questi, vinta la naturale ritrosia sabauda, si siano avvicinati per offrire qualche timido suggerimento. Da quel momento è nata un’amicizia con l’intero vicinato, pronto a dare una mano a quei due “forestieri”, un po’ inesperti ma con tanto entusiasmo. «Ci hanno come adottato – scherza Emy – forse anche per il fatto che i loro i figli e nipoti hanno intrapreso strade diverse. Non è rimasto nessuno a raccogliere questi saperi, se non noi». Aiuto e consigli sono poi arrivati anche dai tecnici della Coldiretti. «All’inizio erano tutti un po’ perplessi. Noi però non ci siamo mai scoraggiati. Questo è il lavoro che ci siamo scelti – spiega Niccolò – Prima lavoravo in fabbrica, e mi sembrava di costruire qualcosa di “finto”, artificiale. Con la terra è diverso, è tutto più “reale”».

Nel futuro un progetto di cooperazione in Africa

I due ragazzi hanno però nel cuore un secondo progetto: quello di sviluppare un programma di cooperazione e sviluppo in Etiopia, per contrastare l’odioso fenomeno del “land grabbing”. Qui, infatti, i contadini vengono espropriati arbitrariamente di case e terreni dallo Stato che li affida in concessione alle multinazionali straniere dell’agroalimentare. «La nostra idea è quella di attivare percorsi di formazione sulle tecniche di coltivazione moderne tra queste popolazioni – spiega Emy – e parallelamente affittare i terreni per poi affidarli ai contadini locali. Così che possano sfamare le proprie famiglie e non essere costretti a fuggire dal proprio paese».

Lucia Pignari

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