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Robiglio Carlo
Economia

«L’esigenza principale delle PMI? Il “cambio di testa” degli imprenditori»

Intervista a Carlo Robiglio, presidente della Piccola industria di Confindustria, lunedì ad Asti per partecipare ad un convegno sulla sicurezza informatica

Le parole del presidente Robiglio di Confindustria

«L’esigenza principale delle PMI è il “cambio di testa” degli imprenditori, che devono rendersi protagonisti di una operazione di apertura mentale sulla base della formazione e dell’informazione».
Ad affermarlo – ieri (lunedì) in occasione del convegno “Cyber security. La gestione della sicurezza informatica. Quali strumenti?” – Carlo Robiglio, presidente della Piccola industria di Confindustria. L’associazione degli Industriali conta a livello nazionale 150.643 imprese aderenti, di cui il 97,3% è composto da aziende con meno di 250 occupati. Parliamo appunto delle PMI, le piccole e medie imprese che in Italia rappresentano più del 99,9% del tessuto produttivo, occupano il 79,4% degli addetti e realizzano quasi il 68,5% del valore aggiunto totale.

Lo stato di salute delle Pmi in Italia e nell’Astigiano

Presidente, qual è lo stato di salute delle PMI in Italia?
«Le piccole e medie imprese sono reduci da due anni in cui hanno ricominciato a dare forti segnali di vitalità e spinta, sull’onda del nuovo Piano nazionale di industria 4.0 e della ripresa economica che ha riguardato il 2016 e il 2017. Una vitalità che ha prodotto la cifra record di oltre 500 miliardi a livello di export che, considerando le caratteristiche del tessuto produttivo nazionale, è dovuta principalmente alle piccole e medie imprese».
«Oggi, tuttavia, si intravedono le prime avvisaglie di una situazione non positiva. Una “frenata” legata innanzitutto a contingenze internazionali. Tra queste la Brexit, la questione dei dazi commerciali e il calo della produzione industriale nel settore dell’automotive in Germania, Paese verso il quale esportano le nostre PMI. A tale contesto si somma, entro i nostri confini, il sentimento di sfiducia generato dal quadro governativo che causa preoccupazioni. Infatti il Governo non ha adottato finora iniziative che vadano a supportare le aziende e siano in linea con le necessità delle PMI».
A questo proposito, quali sono attualmente le tre esigenze principali delle PMI in Italia?
«Penso sia innanzitutto necessario il “cambio di testa” dei nostri imprenditori, che devono rendersi protagonisti di una operazione di apertura mentale sulla base della formazione e dell’informazione. Gli imprenditori piccoli e piccolissimi devono capire, innanzitutto, che possono e devono crescere, abbandonando quel mantra del passato secondo cui “piccolo è bello”. Nel mondo attuale, infatti, non solo “piccolo non è più bello”, ma soprattutto non è più sostenibile. Quindi devono essere disposti a formarsi continuamente e a far entrare le competenze nell’impresa. Il che vuol dire fare un passo indietro come imprenditori per aprire le porte delle aziende ai manager. Certo è un investimento, che però consente di fare crescere l’azienda, renderla sostenibile e assicurarsi maggiori ricavi per il futuro».
«Ecco, ritengo che questa sia l’esigenza fondamentale delle PMI da cui deriva tutto il resto».
Come vede, in tale contesto, il tessuto produttivo astigiano?
«L’Astigiano è un territorio dalla forte vocazione vitivinicola e agroalimentare. In questo caso il prodotto c’è ed è tutt’altro che obsoleto, per cui non c’è nulla da inventare. Penso anche che potrebbe vivere una ulteriore crescita, a patto che poggi su un progetto di filiera. Come dicevo prima, le piccole e medie imprese devono unirsi, innanzitutto per dare vita ad un progetto di export forte e strutturale».
«Inoltre l’Astigiano è un territorio che ha avuto anche tante aziende metalmeccaniche. In questo caso a mettere i “bastoni tra le ruote” è intervenuta la concorrenza globale, che però non ha scalfito quelle eccellenze che sono riuscite a rafforzarsi».

Crisi e soluzioni

Venerdì scorso si è svolto lo sciopero unitario dei sindacati del settore costruzioni, in crisi da anni. Secondo lei in che modo potrebbe risollevarsi?
«Ormai sono mesi che, a livello di Confindustria, sosteniamo che ci debba essere una prima risposta del Governo allo “sblocca cantieri”. Esulando dalla Tav, abbiamo ferme in Italia opere per decine di miliardi con fondi già destinati. E’ urgente sbloccarle molto velocemente per mettere in circolo miliardi di euro e dare lavoro a centinaia di migliaia di addetti. Si muove positivamente in questa direzione, come sembra emergere dall’incontro di oggi del premier Conte e del Ministro Toninelli con i sindaci astigiani e cuneesi, la ripresa con l’estate dei lavori per il completamento della Asti-Cuneo».
«Dopodiché è sicuramente necessario un confronto su come si vuole concepire l’Italia di domani, ragionando sull’interconnessione dei territori e sulle grandi opere».
Come emerso prima, si paventa una recessione globale nei prossimi 12 – 18 mesi. In tale contesto come vede la decisione del presidente della BCE Mario Draghi di rinnovare i finanziamenti agevolati alle banche (riedizione delle Tltro), misura che, a differenza del passato, sarà a livello preventivo?
«La vedo bene. E’ una misura in continuità con il passato, quando ha dato dei benefici, utile in questa situazione, considerando le avvisaglie di una recessione. A patto che poi il credito bancario sostenga le imprese».
In questi anni il dibattito politico si è concentrato molto sulla questione degli ammortizzatori sociali. Secondo lei qual è la tipologia più efficace per aiutare imprese in crisi e lavoratori?
«Come Confindustria abbiamo criticato il Reddito di cittadinanza. Non come misura solidaristica, dato che il dovere morale e sociale di sostenere le fasce deboli spetta a tutti, ma in quanto non aiuta la crescita e provoca una sorta di sussidiarietà che, a lungo andare, può diventare negativa».
«La nostra richiesta, al contrario, è che il Governo immetta ingenti fondi in azioni come l’abbattimento del cuneo fiscale tutto a vantaggio dei lavoratori, per ridurre il costo del lavoro in maniera forte e strutturale. In questo modo le aziende potrebbero assumere di più e investire in formazione».
«Devo tuttavia aggiungere che vengo da alcuni incontri con il Ministro Luigi Di Maio, dove ho avuto la sensazione della forte disponibilità all’ascolto e all’interpretazione dei veri bisogni delle PMI. Quindi siamo fiduciosi».

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