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In bici per 3000 km nel cuore d'Africa
Cultura e Spettacoli

In bici per 3000 km nel cuore d'Africa

L'ultima impresa di Daniele Robino e della sua compagna Manuela Raimondi ha portato i due astigiani dallo Zambia al Kenya, nel cuore più profondo dell'Africa. Un luogo dove “Natura, animali e uomo convivono in perenne lotta, raggiungendo un equilibrio straordinario”. Innumerevoli le difficoltà affrontate, dal cibo all'orientamento, ma ripagate da un'esperienza indimenticabile

Un lungo viaggio, e non c’entrano solo i km (3000 in totale): quella intrapresa e portato a termine da Daniele Robino e la compagna Manuela Raimondi è stata anche e soprattutto un’esplorazione del cuore più profondo e rivelatore dell’Africa. “Dove gli elementi naturali, gli animali e l’uomo convivono in perenne lotta e contrasto, raggiungendo però un equilibrio straordinario che sprigiona un’energia indescrivibile”, racconta il viaggiatore astigiano (43 anni), appena rientrato in città. Dimagrito, con tre mesi di fame alle spalle che cerca di sfogare con una brioche gigante e un cappuccino bollente, ma visibilmente “saziato” da un’avventura, magari meno probante di quelle a cui era abituato nei suoi viaggi in solitaria, ma altrettanto e forse più appagante a livello umano.

“Abbiamo scelto il tragitto senza pensare alla spettacolarità dei paesaggi quanto piuttosto al fatto che fosse poco battuto e frequentato”. Alla scoperta di un territorio quasi inesplorato, inconsueto, proprio per visitare e incontrare l’Africa più vera e incontaminata. 2Lat0° (To latitude 0°), questo il nome del progetto, ha condotto i due appassionati e temerari dallo Zambia verso il Kenya sino all’equatore, latitudine zero appunto. Decine di km al giorno, in sella al loro tandem, nelle giornate fortunate, oppure a spingere su lunghi saliscendi polverosi o sentieri fangosi, veloci soste notturne in accampamenti di fortuna, in piccoli villaggi o in mezzo alla savana.

Prima difficoltà: gli spostamenti con condizioni terribili per il caldo e la carenza di acqua. “Una fatica immane soprattutto per la calura e la polvere, almeno una spanna, che poi ti entra nei vestiti, ti si appiccica addosso e non ti da mai tregua”. Secondo: il cibo. “Chiaramente scarseggia. Quasi impensabile fare provviste se non riso, in abbondanza. Abbiamo mangiato solo quello con un po’ di pomodori, fagioli, frutta e biscotti. La carne è una rarità: un po’ di pollo quando cenavamo nei villaggi dove un piatto di riso e verdura costa pochi centesimi”. Terzo: la direzione. “E’ una zona talmente poco conosciuta che persino gli indigeni del posto fanno fatica ad indicare le piste sulla cartina. Una situazione che qui in Europa è ormai inammissibile, grazie alla tecnologia di cui possiamo disporre”, aggiunge Daniele che prosegue il suo racconto appassionato.

La cordialità e il calore della gente però sono una risorsa infinita che cancella tutto il disagio del viaggio e tutta la fatica. “E’ incredibile quanto la popolazione sia ospitale: ci hanno sempre accolto come amici offrendoci rifugio anche se riuscivamo a comunicare con poche parole negli idiomi locali e un po’ di inglese, quando trovavamo un maestro di scuola – racconta -. A parte le loro primordiali abitazioni e poco, davvero poco cibo, non hanno nient’altro. Ma affrontano la vita con quella forza che solo l’Africa ti trasmette”. Ore passate a sudare a 40-50 gradi, senza potersi permettere nemmeno una doccia vera a fine giornata, per poi essere travolti dall’affettuoso abbraccio della gente.

“Invece di riposare abbiamo passato ore con gli abitanti del villaggio, oppure di quelli vicini che accorrevano incuriositi. Ma non cercano carità o altro, la loro è più voglia di scoprire chi siamo e da dove arriviamo. Per questo ci siamo portati dietro un album con un po’ di foto da mostrargli. Un giorno un uomo ci ha lasciato la sua fotografia e più di una volta ho visto piangere alla nostra partenza. Sentimenti assolutamente perduti nella nostra società. Un’umanità smisurata”, dice Daniele con negli occhi ancora tutta la potenza e le emozioni che questo viaggio gli hanno regalato.

E adesso si riparte? “No, adesso si lavora! (è maestro di sci sulle Alpi francesi) Poi vediamo. Intanto mi serve sempre un po’ di tempo appena arrivato per riordinare le idee e i pensieri. Ho preso appunti per tutto il viaggio: chissà prima o poi vorrei scrivere un libro. Sicuramente in primavera uscirà un film, grazie alle oltre 14 ore di riprese che abbiamo girato”. Intanto nascerà l’ispirazione, ne siamo certi, per una nuova avventura intorno al mondo.

Stefano Ghidella

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