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Fuori dal coro... a Bologna
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Fuori dal coro… a Bologna

E’ un giorno della prima quindicina del mese di luglio, anno in corso. Sono a Bologna

E’ un giorno della prima quindicina del mese di luglio, anno in corso. Sono a Bologna.

Come spesso preferisco, da sola, per un incontro di lavoro. Gioisco di questa mia solitudine ed inizio a girare a piedi questa bellissima città italiana; so che da qualche parte un’immagine, una persona, una parola, un rumore… un gesto attiverà in me quel terzo occhio che mi illumina.

Non tarda ad arrivare.

Noto un ragazzo sulla trentina con saio francescano, capelli molto corti, oridinato, viso che ricorda Sting dei Police (per la mia generazione Sting è dei Police). Sandali, cordone in vita, zaino, un plico di fogli tra le mani ed una penna.

Nient’altro. Legge e sottolinea.

Il saio francescano è indumento religioso indossato da monaci, frati ed anacoreti, di stoffa grossolana, tagliato seguendo le linee della Croce.

Lo fisso senza nemmeno tanta discrezione, compiaciuta ed in cuor mio lo ringrazio di esistere semplicemente, nel suo silenzio assordante, nella sua compostezza rumorosa, nella sua religiosa virilità.

Come le mie parole, figlie di lezioni sulle figure retoriche degli anni studenteschi, vorrei rendere ciò che lui è: il contrasto che ci voleva.

L’opposto atteso. Questo lui racchiude tutto non avendo nulla, solo la sua scelta. In Piazza grande tra numerosi multipli e potenze di se stessi, vedo solo lui.

Svanisce il contesto ridondante e prevale la semplicità. C’è sempre spazio nella vita per essere sè stessi, forti della propria Anima e del proprio cuore.

C’è sempre la possibilità di rimanere integri. Non conosco il suo nome e mi sembra quasi irrispettoso non nominarlo, ma lo ringrazio perchè la sua scelta rende liberi tutti, ne sono certa.

Del resto il suo essere umile seppur ricchissimo, silenzioso seppur eloquente contrasta con la società attuale dove spesso l’ovvietà la fa da padrone e relega le voci fuori dal coro a tentativi di persone isolate ed inadeguate.

Il mio camminare continua finchè giungo in una piazzetta di Bologna a lato di P.za Grande e gli occhi vengono rapiti da un’ombra disegnata su di un edificio.

L’ombra di un uomo che suona il sax. Lucio Dalla.

Al primo piano di una casa antica tante persiane chiuse non rattristano il cuore poichè ovunque nella piazza lui c’è. Trovo un parallelismo tra il frate ed il nostro cantautore; voci fuori dal coro, libere, come tutti vorremmo poter essere.

Persone apparentemente così differenti, tanto rare da apparire folli, perchè scelgono il sentiero più impervio, quello personale, per poter essere semplicemente se stessi.

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