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Cogestione, dietro le quinte ci sono impegno e partecipazione
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Cogestione, dietro le quinte ci sono impegno e partecipazione

In una realtà scolastica astigiana in cui fa più rumore un vetro che cade, c’è un lavoro effettivo ed encomiabile fatto da studenti per gli studenti che rischia di passare inosservato:  infatti,

In una realtà scolastica astigiana in cui fa più rumore un vetro che cade, c’è un lavoro effettivo ed encomiabile fatto da studenti per gli studenti che rischia di passare inosservato:  infatti, nonostante la situazione economica disastrosa della scuola italiana, non si ferma una delle attività che è ormai tradizione per le scuole di Asti, la cogestione. L’iniziativa viene presa dagli alunni stessi, e successivamente discussa nel consiglio d’Istituto. Ma da quel momento in poi, il lavoro gestionale e organizzativo è quasi interamente compito degli studenti più grandi, che essendo nella scuola da più tempo sanno come muoversi, creano uno staff, contattano professori o persone esterne alla scuola in base alle competenze, dividono i ragazzi tra laboratori e conferenze, ma soprattutto dedicano molto del loro tempo per quelli che sono giorni alternativi alle ordinarie ore di lezione, che si cerca di gestire al meglio.

Il primo problema che emerge, purtroppo, ad oggi è il contributo economico pressoché nullo degli istituti, e quindi l’ideazione e la scelta di una raccolta fondi che non vada a penalizzare gli alunni stessi, poiché significherebbe pesare ancora una volta sulle spalle delle famiglie. “Purtroppo, avendo riscontrato difficoltà economiche, abbiamo concordato due iniziative: aprire una cassa per le offerte nella giornata dei colloqui generali, e chiedere alle classi un’offerta libera, anche per ‘testare’ il reale interesse: la cifra raggiunta è stata strabiliante e ha contribuito a ridare vigore alla nostra organizzazione.”, ci dicono i rappresentati del Vercelli, mentre al classico si è deciso di raccogliere una cifra prestabilita per alunno, e in generale si è cercato di usufruire della disponibilità gratuita dei volontari che verranno a tenere i vari laboratori e conferenze. Fondamentale, in questo senso, il supporto di quei professori, seppur pochi rispetto all’organico totale, che spesso oltre a dare una mano si mettono realmente in gioco in materie e attività che solitamente a scuola non si farebbero: cultura generale, musica, cineforum tra le altre.

E poiché gli insegnanti stessi affiancano gli studenti, negli ultimi anni si parla giustamente di ‘co-gestione’ e non più del superato termine ‘auto-gestione’ che risulterebbe improprio non prendendo in considerazione il rapporto di collaborazione e aiuto reciproco di due ‘categorie’ troppo spesso divise, e frequentemente immemori di essere solo due facce della stessa medaglia. Ma cosa significherà per gli studenti vivere la cogestione? ‘Un modo per vivere due giorni facendo qualcosa di nuovo’ secondo i rappresentati dell’Artom, che ci spiegano soddisfatti che quest’anno, dopo due anni in cui per inezie varie era mancata, sono riusciti a riportare anche nel loro istituto la cogestione. “è un modo per guardare la propria scuola da un punto di vista diverso: la costruzione del proprio futuro si raggiunge anche con esperienze di questo genere. Inoltre i ragazzi vedono che la scuola ha da offrire anche qualcosa di diverso dai voti.” secondo i rappresentanti dello Scientifico, che si aspettano una partecipazione molto numerosa.

Intanto al Classico quest’anno la cogestione sarà anche l’opportunità di ‘migliorare’ concretamente l’edificio, con un laboratorio dedicato esclusivamente alla pittura di due aule e una parte di corridoio. Laboratorio che non sarà fine a sé stesso, ma rappresenterà un messaggio chiaro, come per dire “dove non arrivano ‘Loro’ –le istituzioni- arriviamo noi”, come per dimostrare che anche se tra 5 anni probabilmente nessuno degli studenti di oggi sarà più nell’istituto, c’è l’intenzione reale di lasciarlo un po’ migliore di come lo si è trovato. Al Monti, visti i buoni risultati degli anni passati, proseguono sulla linea di riproporre alcuni laboratori cercando comunque di alzarne il livello medio; mentre dal Giobert ci fanno sapere che anche se hanno ancora tempo, le idee sono chiare: si punterà, in controtendenza rispetto agli ultimi anni, principalmente su conferenze e dibattiti attivi e meno su attività sportive e simili, di cui la scuola gode già ampiamente.

Ora quindi, che si sono prodotte idee e si è cercato o si sta provando a realizzarle al meglio, non resta che fare affidamento sull’impegno di tutti, nessuno escluso, per la buona riuscita di questi eventi. Infatti, questi progetti che pur sembrano sempre più difficili attraverso gli anni, rimangono ambiziosi e trasmettono entusiasmo ai ragazzi dei primi anni che cominciano a capire realmente l’importanza di far parte di una scuola vivendola e non subendola. Cogestione vuol dire collaborazione quindi, vuol dire impegno per chi la organizza, vuol dire partecipazione per chi la vive, vuol dire forse orgoglio per i genitori che la vedono dall’esterno, vuol dire disponibilità per le tante persone esterne alla scuola che vengono coinvolte: sbandieratori, associazioni culturali e non, commercianti e semplici volontari pronti a donare un po’ del loro tempo per insegnare e parlare di esperienze di vita, giochi di carte, abilità manuali, improvvisazione teatrale, canto, prospettive future, arte, modi di pensare, giocoleria, percussioni, racconti di viaggi, chitarra, scrittura, interpretazione dei sogni, yoga, lotta alla mafia, sport, cucina, musica, abbattimento dei pregiudizi …

E ‘cogestione’ può voler dire anche, perché no, soddisfazione per i presidi delle scuole che non devono più stupirsi nel vedere di cosa sono capaci i loro ragazzi. E poi, per tutti, vuol dire ‘crescita’: per chi si assume la responsabilità di organizzare, per chi impara qualcosa di nuovo, per chi l’ha sempre vissuta dall’altra parte e solo quest’anno, che è più grande, si è reso conto che invece stare dalla parte staff è costato sacrificio e impegno; ma sa che verranno ripagati. Gli studenti vogliono far capire alla cittadinanza che ci sono, e sono attivi, sono un movimento non trascurabile e pieno di vita e creatività, di più di 3000 menti in continua evoluzione. Il fatto che in un momento di crisi globale, ben 7 istituti cittadini siano riusciti a mettersi in moto indipendentemente, è un segnale forte che deve fare ben sperare. D’altronde, come canta Bob Dylan “Essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro”. Essere giovani e impegnati, forse, vale anche qualcosa in più. Buona cogestione a tutti.

Lorenzo Gilardetti

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