Combattiamo l’ignoranza: il gesto di Moise visto da noi
“Fino a quando il colore della pelle non sarà considerato come il colore degli occhi noi continueremo a lottare”. Parlava così Ernesto Guevarà, per tutti il “Che”. Furono proprio i cubani a dargli il nomignolo “Che”, per la sua abitudine di intercalare le frasi con questa tipica espressione argentina. In Argentina che si usa colloquialmente per richiamare l’attenzione: “entendiste, che?”, per esempio, vuol dire “hai capito”? . Chissà se l’Italia del pallone avrà capito che cosa abbia significato per il “nostro” Moise Kean quell’esultanza tanto discussa, quell’espressione di sfida verso il pubblico avversario. Una protesta verso l’ignoranza, verso degli ululati che ancora oggi macchiano il nostro sport. Gli ha fatto eco il compagno Matuidi, manifestando con parole ed espressioni tutto il proprio disappunto. Si sono schierati in tanti dalla sua parte, atleti e addetti ai lavori. Continuiamo a pensare che l’amore sia il più potente antidoto contro l’odio e il rifiuto dell’altro. Ciononostante, purtroppo, si è dimostrato quasi sempre inefficace nel caso di “pazienti” cronici affetti da omofobia, razzismo, sessismo e altre malattie del genere. Ben venga quindi un gesto forte e discusso come quello di Moise, sia ben accetta l’interruzione delle gare per combattere l’ignoranza. Solo così usciremo dalla preistoria, solo così lo sport sarà uno spot di gioia, aggregazione e divertimento. Che il suo sorriso dopo l’ennesimo gol figuri da apripista per un futuro degno di chiamarsi tale.