Andrea Primitivi, la kick, il Milan e lo sport
Il grande Mohamed Alì sosteneva come i campioni nascano non solo in palestra, ma anche grazie alla volontà di cogliere un obiettivo, un sogno, un desiderio. La determinazione è fondamentale, tanto quanto il talento, per tagliare un traguardo. Andrea Primitivi è riuscito a fare dello sport il suo lavoro, in due ambiti differenti ma con un distinto comun denominatore, il successo. Tanto nella kick boxing, quanto nel calcio.
Kick Boxing
Un amore, quello per le arti marziali, nato per caso, a inizio anni Novanta: «Erano i tempi dei film di Bruce Lee e Van Damme, con alcuni amici ci recammo al KB Center di Neri Baglione e rimasi folgorato – racconta il pluricampione italiano – Nel 1993 disputavo già la mia prima gara regionale a Torino». Ben presto, e per tanti anni, Primitivi scrisse la storia… «Ho avuto la soddisfazione di vincere dal 1999 al 2012 14 titoli italiani consecutivi, l’ultimo dei quali a Genova. Poi ho rinunciato alla Nazionale, con cui avevo esordito proprio nel 1999, per dedicarmi alle gare internazionali e poter conciliare l’attività agonistica e quella di preparatore. Fino al 2014, quando mi sono ritirato a 38 anni, ho alternato le due attività togliendomi belle soddisfazioni». Il suo palmares parla eloquentemente: quattro bronzi e tre argenti tra Europei e Mondiali, cinque tappe di Coppa del Mondo vinte.
Calcio
Il nome di Andrea nel calcio è legato a doppio filo a quello del Milan: «Quindici anni stupendi, dal 2002 al 2016, e la parentesi con Gattuso nel 2019. Abbiamo vinto due Champions, ma anche scudetti. Sono arrivato in rossonero da neolaureato, in un team di preparatori guidato da Daniele Tognaccini, ora alla Juventus, con Giovanni Mauri. Ero tra i quattro giovani preparatori, da formare, per far nascere il Milan Lab». Primitivi ha avuto modo di interagire con Ancelotti, Leonardo, Seedorf, Inzaghi, Allegri, Brocchi, MIhajlovic e Gattuso. I cicli più vincenti sono stati quelli di “Carletto” e “Max”… «Ricordo con entusiasmo le due Champions vinte con Ancelotti, la prima nel 2003 a Manchester contro la Juve, da neolaureato, la seconda nel 2007 ad Atene, decisamente importante perchè ottenuta contro il Liverpool che ci aveva beffati in precedenza. Con entrambi abbiamo vinto lo scudetto, Carlo è più riflessivo e pacato, Max caratterialmente più tosto nell’approccio con i calciatori. Erano però due Milan diversi, il primo stellare e vincente, con Allegri invece occorreva ritrovare il vertice». Se dovessimo individuare l’atleta ideale per Primitivi quale sarebbe? «Il preparatore deve essere bravo a coinvolgere i calciatori. I sudamericani, per esempio, faticano a lavorare in palestra e spesso optavo per esercizi sulla sabbia o con il pallone. Se riusciamo a toccare i tasti giusti tutti possono rendere al meglio. Dovessi ipotizzare un identikit, direi che il mio ideale dovrebbe avere la mentalità di Gattuso e Seedorf, il fisico di Maldini e la tecnica di Ronaldinho. Potrei però citare molti altri campioni».
Sono molti i successi di Andrea in carriera: ci sono sconfitte che restano difficili da digerire? «In un percorso sportivo vittorie e sconfitte si sommano, i ko ci portano a migliorare. Nella vita di atleta, di uomo di sport, o si vince o si impara qualcosa».
Il mister con cui sogna di lavorare in futuro? «Sono molti i grandi tecnici del calcio, in generale però non ho target precisi, ogni allenatore mi ha aiutato a crescere, l’importante è continuare a metterci passione».