Marco Patti, il regista del Don Bosco tornato in Prima Categoria
Il centrocampista. Mente pensante del calcio, “trait d’union” fra difesa e attacco. Carlo Ancelotti e Antonio Conte sono solo alcuni degli esempi di buoni registi divenuti poi trainer di successo. Tutti con caratteristiche diverse e una intelligenza tattica fuori dal comune. Tra gli astigiani che negli ultimi anni hanno deciso di “traslare” dal (centro) campo alla panchina figura sicuramente Marco Patti, neo quarantenne dotato di intuito e fosforo che sta progressivamente scrivendo pagine importanti con un sodalizio storico come il Don Bosco. Cent’anni di storia festeggiati con un posto nelle prime file del campionato di Prima Categoria, dopo la vittoria della Seconda Categoria e della Coppa Piemonte.
Mister, niente calcio giocato ma periodo di studio per te quello attuale…
«Esatto, a maggio dovrei completare il percorso per ottenere il patentino da allenatore Dilettanti».
Il tuo Don Bosco ha vissuto una annata positiva. Pensi che il campionato sia da azzerare o vedi altre soluzioni?
«La stagione è conclusa, ci possono essere diverse ipotesi ma purtroppo occorrerà azzerare tutto e ripartire a settembre, fermo restando che molte squadre potrebbero avere difficoltà a iscriversi».
Il vostro bilancio è ottimo…
«Lo stop ci ha permesso di ponderare bene pregi e difetti. Abbiamo fatto un buon campionato ma ovviamente ci sono possibilità di crescere ancora».
Limitatamente alle possibili difficoltà legate al budget, in cosa può migliorare la squadra?
«Ho visto un campionato di Prima non entusiasmante sotto il profilo tecnico ma ogni squadra ha almeno un attaccante, se non due, in grado di segnare 15 gol. Il Don Bosco può migliorare tecnicamente e nella gestione dei “momenti” della gara».
Le perle della vostra stagione?
«Senza dubbio il 3-2 con cui abbiamo battuto la Novese e la doppia affermazione 2-1 col San Giuliano di Pasino, Ekimov e Pannone».
I più bei successi di Marco Patti da atleta?
«La vittoria del campionato Juniores con il Giraudi. Una squadra di amici, Castiglione, Chirieleison, Cicigoi, e mister Amerio. Dico sempre ai ragazzi che le grandi stagioni nascono da grandi gruppi. Gli anni al Portacomaro prima, al Valleversa poi. Anche la vittoria della Seconda col Celle di Sollazzo».
Cosa ti ha portato a decidere di spostarti dal campo alla panchina?
«Da calciatore ero forse già un po’ allenatore in campo, ho smesso a 32 anni, a 34 è iniziato il mio percorso. Stefano Raimondi è stata fonte di confronto e stimolo per la mia scelta e mi sento spesso con lui, come con Alessio Varzi, ora alla Juve Under 23, persone che sanno sempre dare indicazioni non scontate».
Salvezza in Seconda a Cerro, bella esperienza alla Juniores regionale del San Domenico, 4 anni al Don Bosco: a quale allenatore ti ispiri?
«Direi che è fondamentale cercare di carpire suggerimenti da tutti, e così credo di aver fatto e fare tuttora, anche da un trainer avversario dopo una sconfitta. Mi piace molto il calcio di Klopp, ma amo anche allenatori sulla carta non vincenti. Credo che Gasperini sia un fenomeno tanto quanto il tedesco, e De Zerbi farà molto bene».
Del tuo Don Bosco chi potrebbe far strada?
«Se devo fare un nome dico Milano, che per me avrebbe potuto giocare una vita in Eccellenza».
A proposito di Eccellenza: è un traguardo che ti sei posto?
«Ovviamente investo passione, studio e tempo, con l’obiettivo di migliorare. Il Don Bosco mi ha dato tanto ma sappiamo bene che in base al budget si possono tracciare obiettivi più o meno prestigiosi. Il mio è quello di riuscire ad allenare in Eccellenza fra tre o quattro anni e cercherò di fare del mio meglio per riuscirci».