Tante vite raccolte in un’unica esistenza. Per raccontare Paolo Danzè occorre scomodare il parallelismo con il celebre film con Gwyneth Paltrow, Sliding Doors, un crocevia di scelte, di salite e discese che ha portato un calciatore a lasciare il segno non solo sul campo, ma anche a livello dirigenziale. Una carriera definita dallo stesso difensore “mediocre tra i professionisti, strepitosa tra i Dilettanti”, un tragitto segnato da scelte ed episodi che probabilmente hanno fatto sì che il talento del classe 1968 restasse impresso più nella storia del calcio piemontese che in quella dello sport tricolore. Un uomo intelligente, che ha saputo costruire parallelamente alla carriera da sportivo un ambizioso percorso da dirigente di banca, un amore per il pallone che l’ha condotto (con profitto) a diventare un apprezzato collaboratore di club blasonati quali Sampdoria, Juventus e Milan.
Nell’Astigiano in molti lo ricordano con affetto, quale protagonista della salvezza in Serie D con i galletti nel 1995 e per la promozione in LND del Canelli nel 2006, assieme agli amici Lentini e Fuser.
Paolo, un piacere ritrovarti. Il tuo amore per il calcio dà l’idea di essere un elisir infinito, visti i tuoi recenti successi al Milan…
«Una bella avventura. Sono dirigente responsabile delle squadre rossonere Under 18 e Primavera a partire dall’agosto del 2019, un accordo raggiunto con Maldini e Massara. La squadra Under 19 di mister Giunti, grazie a 16 successi e due pareggi, ha già ottenuto il pass promozione in Primavera 1».
Un ruolo inedito, quello di ds del settore under del Milan, voluto fortemente da dirigenti di spicco, che viene dopo una bella esperienza alla Juventus. Che ricordi hai di quell’avventura?
«Beh, la Juve è una società ormai riconosciuta quale riferimento mondiale. Ho svolto il ruolo di coordinatore dell’attività di base, è stata un’esperienza prestigiosa che mi dato la possibilità di lavorare in un settore diverso rispetto agli adulti. Prima della Juventus, invece, ho vissuto un’altra bella parentesi alla Sampdoria».
Fredrick Massara e Walter Sabatini: due grandi dirigenti cui sei molto legato…
«Sono stato vicino a collaborare con la Roma, nel post Sabatini e dopo le dimissioni di Monchi, a un certo punto del mio percorso ero a un passo dall’affrontare l’avventura in Cina, proprio grazie a Walter. Ho svolto lavoro di scouting per loro, la stima verso Fredrick è totale, e ha radici profonde visto che ci conosciamo da tanti anni. Il direttore è un dirigente sportivo dal grande spessore umano, vede il calcio come pochi al mondo, è un uomo puro, di grandi valori».
Parlando della tua carriera da atleta che bilancio fai?
«La mia carriera è stata mediocre tra i professionisti, strepitosa fra i Dilettanti. Ero il capitano del Torino Primavera che vinse il Viareggio. C’erano Lentini, Fuser, Bresciani, poi fui vittima di un brutto infortunio, la lacerazione dei legamenti della caviglia con rottura di perone e malleolo. Ho giocato in B alla Reggina, in serie C a Pavia e al Casarano, ma il mio poteva essere un percorso diverso. L’infortunio ha inciso, ma non solo. Ci sono tante dinamiche e scelte che indirizzano una carriera delle quali mi prendo piena responsabilità».
Tra i Dilettanti hai compiuto tante grandi imprese e vissuto una bella esperienza all’Asti in Serie D…
«La mia annata ai galletti è stata decisamente positiva. Ricordo un grande gruppo, portato a divertirsi assieme nel segno dello sport. Eravamo guidati da Bochicchio prima, Caviglia successivamente. Ho mantenuto un grande rapporto di amicizia con Daniele Cacciola, nutro stima verso i dirigenti di allora, fra cui Remo Turello, che ho avuto il piacere di rivedere recentemente».
Che annata fu quella del 1995?
«Iniziammo bene. Ricordo il periodo perchè vivevo a Torino e avevo da poco iniziato a lavorare in banca dopo la laurea, a Vercelli. Progressivamente mi divenne impossibile allenarmi e lavorare, e lasciai l’Asti per un paio di mesi. La stagione successivamente si complicò notevolmente per la squadra e trovai un accordo con i biancorossi per giocare solo alla domenica e aiutare i compagni a ottenere la salvezza. Una scelta non convenzionale, ma che il gruppo appoggiò appieno perchè eravamo prima di tutto grandi amici. Era una decisione dettata dalla volontà di restare in categoria, ci tenevo a dare il mio aiuto e per fortuna riuscimmo nella missione».
Dopo tante esperienze nel Torinese è poi arrivata la promozione in D con il Canelli. Un’avventura iniziata nel 2005…
«Un bel percorso. Fui il tramite per portare Lentini e Fuser a giocare in azzurro, disputammo un ottimo campionato e vincemmo il girone grazie al collettivo. Tutti riuscirono a rendere al meglio».
Davide Chicarella
Intervista completa sull’edizione di martedì 21 aprile, consultabile anche in edizione digitale