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Silvana Savio, la nonna Angiolina Roz con il padre bambino Paolo
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Villanova d’Asti: dall’Argentina all’Italia, un albero genealogico per la piccola Chloé

La storia della famiglia Savio, villanovese, immigrata in Sudamerica, ricostruita attraverso i social

L’arrivo di una nuova vita spesso ci spinge a cercare le radici dell’albero da cui proveniamo. E’ stato così per Silvana Savio, argentina, che qualche tempo fa ha cercato le sue origini su un gruppo social, ritrovando pezzi di storia del nonno villanovese Giuseppe Savio. Silvana è psicologa, scrittrice e cantante. Si occupa di genitori che hanno perso un figlio per suicidio. Tiene seminari di scrittura terapeutica. Ha inciso anche un CD con le canzoni del tango. Con suo marito, che è medico, trascorre molto tempo nell’Amazzonia peruviana su una nave ospedale di una Ong che risale i fiumi per aiutare le popolazioni indigene delle zone più remote.

«Con la nascita della mia nipotina Chloé in agosto, in piena pandemia – racconta Silvana – ho sentito il bisogno di ricostruire l’albero genealogico della nostra famiglia. Mia figlia Martina vive a New York ed è sposata con un francese. Voglio che Chloé non perda le tracce dei suoi parenti sparsi in tutto il mondo».

Che cosa sapeva della storia italiana della sua famiglia prima del post su facebook?

Ho sempre sentito il mio sangue italiano, quindi ho scelto di cominciare l’albero genealogico con la famiglia Savio. Sapevo che i mie nonni, con mio padre bambino, erano partiti per il Brasile nel ’48 e poi si sono trasferiti in Argentina nel ’56. Io sono nata nel 1965 e sfortunatamente mio nonno Giuseppe è mancato nel ’66. Non l’ho conosciuto. Fino a tre settimane fa, credevo fosse figlio unico. Devo riconoscere che mio padre non parla mai della sua vita di bambino. È come se la sua vita fosse iniziata quando si è sposato con mia mamma in Argentina. Dagli amici di Villanova ho scoperto che mio nonno aveva un fratello e una sorella.

Si aspettava che la foto di suo nonno le portasse tante notizie?

Ho cercato i contatti con Villanova per sapere qualcosa dei miei bisnonni, Paolo e Federica, morti entrambi nel 1918 a soli tre giorni di distanza, (non sapevo come: la guerra? Una malattia?) e che cosa fosse stato di mio nonno, nato nel 1915, quindi orfano a soli tre anni. Mi sono accorta che avevo pochissime notizie della mia famiglia. L’unica immagine dei miei nonni era a casa della nonna, al capo del letto, in cui erano belli, felici, sorridenti quando non erano ancora emigrati dalla loro amata Italia. Ma quella foto vive solo nei miei ricordi perché quando è morta la nonna io vivevo in Germania e non sono potuta rientrare per il suo funerale. Non so quindi che fine abbia fatto quel quadro di famiglia. Tutte le notizie sono arrivate dal gruppo facebook di Villanova: che mio nonno non era figlio unico, che aveva avuto un fratello Marco di due anni più grande e una sorella Lucia di due anni e mezzo più giovane, che i miei bisnonni erano morti di influenza spagnola, che quando sono morti i tre fratellini Savio erano già stati separati e mio nonno è stato allevato dai religiosi. Quanta emozione! La mia identità cominciava a prendere forma. Quello che mi ha sorpreso di più è stato l’affetto con cui mi sono sentita accolta dai villanovesi. L’affetto e l’entusiasmo di tante persone che mi hanno aiutato a ricostruire la mia storia.

E’ mai stata a Villanova, nella terra dei suoi avi?

Questa domanda è molto interessante perché a volte le cose sembrano addirittura organizzate dall’universo. Mio padre aveva proposto di fare un viaggio, con la nostra piccola famiglia Savio, mio padre, mia madre, mia sorella ed io, nella sua città natale, Torino e dintorni. Avevamo già organizzato tutto, biglietti aerei e hotel, per maggio 2020. La pandemia però ci ha costretti a sospenderlo. L’anno scorso saremmo andati a visitare solo luoghi anonimi. Ora andremo, spero presto, a Villanova, a Chieri, a Torino, per riscoprire la nostra storia e la sua gente.

Ci vuole raccontare qualcosa della vita in Argentina di suo nonno?

Mio nonno Giuseppe con mia nonna Angiolina e il figlio Paolo (mio padre) sono venuti in Brasile e poi in Argentina dall’Italia con niente, come tanti italiani, solo con speranze, con il sogno di far crescere la famiglia con tranquillità e stabilità e con qualche contatto e promessa di lavoro. Ha allestito un piccolissimo laboratorio di lettere grafiche per i menu dei bar. Con fatica, con sacrificio, due parole che hanno caratterizzato i nostri immigrati, il laboratorio è cresciuto di giorno in giorno. Peccato che mio nonno sia vissuto solo qualche anno ed è morto senza mai vedere come i suoi semi, famiglia e lavoro, crescessero e fiorissero. A 23 anni, alla morte del nonno, mio padre rilevò il laboratorio. Oggi l’officina è un’azienda importante. E il mio dolore è enorme, enorme, quando vedo che un paese che ha aziende costruite con il sacrificio e lo sforzo di due o tre generazioni di immigrati, nonno e padre nel mio caso, viene distrutto nelle mani sporche e senza scrupoli di politici corrotti.

E’ mai tornato in Italia?

No, non è mai tornato in Italia. Le condizioni economiche non lo hanno permesso. Mio nonno è morto quando era ancora necessario pensare solo al lavoro, al sacrificio di costruire una nuova vita. D’altra parte, mia nonna è riuscita a tornare in Italia ogni anno, dopo. È scappata dal freddo inverno di Buenos Aires e ha trascorso i mesi estivi italiani a casa di sua sorella, Zia Rosina. Quando tornava ricordo che portava i nuovi dischi del festival di Sanremo e i cioccolatini Gianduiotti. Ho imparato tutte le canzoni in italiano, cantando e saltando per casa sua, mentre i cioccolatini mi si scioglievano in bocca come seta. Ancora oggi, le vecchie canzoni di Sanremo degli anni ’70 sono tra le mie preferite da cantare. Sarà nostalgia, forse.

Con la sua iniziativa ha ritrovato un cugino, Massimo.

Sì, naturalmente e adesso non voglio più perderlo. Lui e la sua famiglia, suo padre, sua madre Luciana, sono i nostri parenti italiani più stretti. Sapevo di loro da mia nonna Angiolina Roz che andava a trovarli quando tornava in Italia. Quando è morta, nel 1993, ne avevamo perso le tracce. Rincontrarsi ora è un miracolo. Mi ha contattato anche Gabriele Savio, che mi ha fornito un albero genealogico molto completo dell’intera famiglia Savio di Villanova d’Asti sin dal matrimonio di Paolo Savio (1817) con Margherita Gamba (1822). Sono entusiasta di sapere di avere una famiglia così estesa e voglio entrare in contatto con più persone. È tutto molto nuovo e non posso andare avanti così velocemente come voglio perché il mio italiano è limitato. Ma ci riuscirò.
Spero che si possa fare presto quel viaggio a Torino e dintorni di cui mio padre è così entusiasta. Penso che questa volta calpesterò il suolo italiano sentendomi diversa. Non sarò più solo una turista con passaporto italiano, ma qualcuna che torna a casa per visitare la famiglia, per camminare per le strade su cui i miei nonni camminavano, per toccare i muri dei palazzi che hanno toccato, per immergere le mani in fontane in cui hanno immerso le loro, per piangere con nostalgia nei paesaggi che i miei nonni hanno lasciato quando sono emigrati, dove sicuramente hanno pianto anche loro. Non vedo l’ora di incontrare personalmente molte delle persone con cui sono in contatto oggi attraverso il gruppo Facebook di Villanova. Persone che hanno contribuito con gioia a far fiorire questo sogno dell’albero genealogico e trasformarlo in realtà.

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