Domani, alle 17, tornerà con un incontro on line in occasione della Giornata mondiale del teatro. In diretta sulla pagina Facebook della Biblioteca Astense e di Passepartout Festival, presenterà una puntata speciale di “È arrivata la fine del mondo e non ho niente da mettermi”, il ciclo di letture sull’Alfabeto della Bellezza da lei curate l’anno scorso.
Attendendo, ovviamente, che si riaccendano le luci sui palcoscenici, innanzitutto per mettere in scena, insieme al marito Massimo Cotto e a Mauro Ermanno Giovanardi, lo spettacolo “Decamerock”, inserito nella stagione del Teatro Alfieri.
Parliamo dell’attrice e conduttrice Chiara Buratti, che abbiamo raggiunto telefonicamente per sapere come sta affrontando questo difficile periodo e quali progetti ha in cantiere.
Come sta vivendo questo periodo?
«E’ decisamente difficile per noi artisti. Ho vissuto il primo lockdown con la speranza che sarebbe trascorso in fretta, e che successivamente sarei potuta tornare a lavorare. Con il passare dei mesi, quella speranza si è infranta, e l’attuale “zona rossa” mi ha indotta a pormi tante domande a livello personale e sul futuro dello spettacolo dal vivo. Di sicuro, quando si potrà di nuovo calcare il palcoscenico, sarò cambiata da questo anno di stop. Bisognerà vedere anche quando gli spettatori avranno di nuovo la sensazione di potersi godere uno spettacolo in teatro senza timori».
Cosa ha potuto fare da quando è cominciata la pandemia?
«Ho continuato la mia collaborazione con Rai Scuola, avviata dieci anni fa e grazie a cui ho condotto diversi programmi. Recentemente mi sono occupata delle “pillole” del Progetto scienza. Ovvero, ho curato l’introduzione e i commenti finali a documentari della BBC che vengono mandati in onda da lunedì al venerdì alle 15 e alle 22, appunto sul canale 140 del digitale terrestre (806 di Sky). Riguardano argomenti di carattere scientifico e sociologico, dalle ricadute in ambito tecnologico delle scoperte spaziali alla storia dell’umanità dal punto di vista delle donne».
Le difficoltà create dalla pandemia
E’ riuscita a fare altro?
«Sono stata protagonista di diversi eventi on line con la Biblioteca Astense, ho presentato il Premio letterario Asti d’Appello, portando avanti anche il concorso ad esso legato, “Parole in bottiglia”. Poi ho potuto, la scorsa estate, mettere in scena due anteprime (ad Asti e Calosso) del primo spettacolo scritto da me con la collaborazione di Giannino Balbis. Intitolato “Quattro donne”, parla appunto di donne che hanno deciso di dare una svolta alla propria vita. Scritto prima della pandemia, l’ho rifinito durante il lockdown alla luce di cosa provavo in quel momento, dato che gli spettacoli si trasformano con noi attori a seconda delle sensazioni che viviamo».
«Lo scorso 14 febbraio, invece, sono stata tra i protagonisti dello spettacolo in streaming “Un loft per sei” per la regia di Fabrizio Rizzolo e Isabella Tabarini. Una pick in play comedy con la possibilità, per gli spettatori, di condizionare in parte la trama attraverso lo smartphone. E’ stata un’esperienza strana, dato che non avevamo il pubblico di fronte, ma molto divertente e interessante. Per chi l’avesse perso, il 30 aprile sarà nuovamente proposto in streaming».
Quante, invece, le occasioni perse?
«Sono state numerose, perché dovevo essere in scena in diverse parti d’Italia con vari spettacoli, tra cui “Ultimo giorno di sole” e “Quella piccola pazza cosa chiamata amore”. Inoltre avrei dovuto svolgere il ruolo di lettrice de La Bohéme al Teatro Regio di Torino, con cui collaboro da diversi anni».
Un pensiero conclusivo sul teatro, anche in considerazione della Giornata internazionale di domani…
«La chiusura ci ha fatto capire quanto questo luogo sia importante per tutti noi, sotto ogni aspetto. Abbiamo sempre detto che il teatro prende vita da un palco, adesso sappiamo che il teatro è vita di per sé, da proteggere e preservare, oggi più che mai».