Quell’incredibile racconto fatto da un operaio di cinquant’anni di Piovà Massaia ha trovato riscontri nelle meticolose indagini condotte dal pm Fiz della Procura di Asti. E per l’uomo, agli arresti domiciliari da settembre, si prospetta un processo con la pesante accusa di omicidio volontario della madre.
L’uomo, G. G., ha confessato, a distanza di tre anni, di aver soffocato l’anziana e malata madre per porre fine alle sue sofferenze.
Tre anni in cui si era tenuto dentro un segreto più grande di lui e poi la confessione ai carabinieri che lo stavano interrogando per un episodio di danneggiamenti ad un’autovettura.
Anche se la sua confessione è stata ricca di dettagli e di motivazioni, il pm Fiz ha voluto esplorare tutti gli aspetti investigativi di questa strana vicenda, compreso quello della credibilità dell’operaio piovatese. E ha disposto un’autopsia su ciò che restava del già martoriato corpo dell’anziana morta a 91 anni e sepolta al cimitero di Berzano San Pietro.
E, alla fine delle indagini, tutti i tasselli vanno in una stessa direzione, ovvero quella della veridicità del racconto sofferto e tormentato fatto dall’operaio.
Intanto la perizia psichiatrica lo ha trovato pienamente capace di intendere e di volere, sia ora, sia tre anni fa. E, dalle risultanze investigative, confermano dalla Procura, emerge la compatibilità con il racconto fatto a carabinieri e pm.
Importanti conclusioni arrivano anche dall’autopsia condotta dal medico legale di Torino, dottor Di Vella. Se è vero che a distanza di così tanti anni non è stato possibile confermare la morte della donna per soffocamento, è però stata rilevata una elevata concentrazione di benzodiazepine nel sangue, sostanze presenti nei sonniferi, ingerite poco prima del decesso. Questa circostanza combacia perfettamente con la confessione dell’operaio, assistito dall’avvocato Marco Dapino, che aveva detto di aver somministrato una forte dose di sonniferi e antidolorifici all’anziana madre per fare in modo che non si accorgesse del suo gesto e, una volta addormentata, l’avrebbe soffocata con un cuscino senza alcuna resistenza da parte della donna.
A fronte di questi esiti, è scontata la richiesta di rinvio a giudizio per omicidio che non dovrebbe tardare.
Il movente è la compassione
Su una cosa ci sono pochi dubbi nella tragica storia dell’operaio di Piovà che ha confessato l’omicidio della madre: lo ha fatto perché non riusciva più a vederla soffrire e per evitarle di vivere il suo più grande incubo ovvero quello di finire la sua vita su una sedia a rotelle.
G. G., figlio unico, senza moglie e senza figli, aveva dedicato tutta la vita alla cura e all’accudimento dei suoi genitori. Il padre era morto già da tempo e lo ha lasciato solo ad occuparsi della madre gravemente malata.
La donna, infatti, era affetta, fra le altre cose, da una grave forma di osteoporosi, la stessa che aveva portato la sorella su una sedia a rotelle in condizioni di totale mancanza di autonomia. Al figlio da anni ripeteva che non voleva ridursi così anche lei, che avrebbe preferito morire piuttosto che perdere la sua autonomia.
Un figlio che gli ha fatto per anni da infermiere, somministrandole farmaci e terapie ed accompagnandola alle varie visite. Ma la progressione dell’osteoporosi, legata anche alla vetusta età, aveva provocato sempre più numerose fratture e sempre più vicine nel tempo.
Una donna fragilissima, che poteva fratturarsi un braccio o una gamba semplicemente cambiando posizione nel letto.
E’ stato al rientro dall’ultimo ricovero per la frattura di una gamba che l’operaio si è reso conto del veloce peggioramento delle condizioni della madre.
Ai carabinieri e al pm ha raccontato che il gesto è maturato una notte quando la donna si è svegliata in preda a dolori lancinanti alle gambe. Lì l’uomo ha capito che un altro osso probabilmente aveva ceduto e non ha più avuto il coraggio riportarla in ospedale per altre settimane di ricovero e fisioterapia che probabilmente non le avrebbe consentito di tornare a camminare. E’ in quel momento che ha deciso di porre fine alle sofferenze della madre. Con la delicatezza di un figlio che, anche in questo drammatico gesto, si è preoccupato di non farle sentire dolore. Le ha fatto prendere una dose massiccia di sonniferi in modo da calmare il dolore lancinante e farla scivolare in un sonno così profondo da non provocare alcuna reazione a quel cuscino sul viso che l’ha soffocata. Poi la chiamata al 118 e la visita del medico legale che, viste le critiche condizioni di salute, l’età della donna e l’assenza di segni visibili di lotta, non ha minimamente dubitato di una morte naturale.