Conferenza stampa insolita per la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) per presentare le sue iniziative nell’ambito dell’emergenza cinghiali che sta attanagliando la provincia.
Questa volta è stato un campo, dietro Pontesuero, seminato a mais per due volte e per due volte completamente depredato ad ospitare il presidente provinciale Durando, il direttore Pippione, il presidente regionale Carenini e il consulente Carillo.
«Riteniamo che in questo momento sia importante quantificare i danni arrecati dai cinghiali che, secondo noi, sono sottostimati – ha detto il presidente Alessandro Durando – per questo motivo abbiamo fatto realizzare una serie di cartelli come quello che è stato messo in questo campo (vedi foto di copertina) e lo daremo a tutti coloro, soci e non soci, che verranno a segnalarci i disastri fatti dai cinghiali compilando un modulo con i riferimenti catastali del terreno e il tipo di coltura ospitata. E’ un modo per rendere evidenti gli attacchi all’agricoltura da parte dei cinghiali ma anche di informare la popolazione della concentrazione di questi animali in una determinata area, consigliando di fare attenzione soprattutto nella sicurezza stradale».
Con un invito accorato, ovvero quello di denunciare tutti i danni, visto che gli agricoltori, negli ultimi anni, erano così sconfortati da non voler neppure segnalarli. «Invece è importante farlo, per dare la giusta dimensione di questo flagello – ha insistito – E non per una mera questione di indennizzi o rimborsi. Quella che la gente deve comprendere è che gli agricoltori non puntano a risarcimenti da elemosine, ma vogliono solo poter fare il loro lavoro: coltivare, raccogliere e vendere i propri prodotti. Non sappiamo come, ma lo Stato deve assolutamente abbassare la pressione dei cinghiali sul territorio».
Fra l’accorato e il disperato l’intervento di Paolo Monticone, proprietario del terreno che vive a poca distanza da lì: «Ho seminato una prima volta e nella notte si sono mangiati tutto. Allora ho riseminato ma è bastato assentarmi mezz’ora per andare a casa a cambiare attrezzo per tornare e trovarli già nel campo. Questa è una cosa vergognosa, siamo stufi. Se gli animali selvatici sono dello Stato, allora sia lo Stato a preoccuparsi per tenerli lontani dai nostri campi. E non mi vengano a dire di recintare con il filo elettrico o di venire a sparare di notte: non è un compito mio, ma dei padroni dei cinghiali. E mettere le reti elettrificate significa solo spingerli da un’altra parte. Qui va eliminato il problema, non spostato. Io sono un coltivatore e pretendo venga rispettato il mio diritto a coltivare la mia terra».
Gli fa eco un vicino di casa che, in un campo vicino (e a pochi metri dalla tangenziale) ha seminato per sei volte le patate e per sei volte i cinghiali gliele hanno mangiate.
Tiepido l’accoglimento da parte di Cia dell’idea di istituzione della filiera della carne di cinghiale: «Un allevatore per poter mettere sul mercato la sua carne deve passare rigidi controlli e sottoporsi a severi regolamenti. Non vedo come possa essere possibile garantire la stessa qualità per la carne di un selvatico» ha detto Durando forte delle affermazioni del dottor Biagio Carillo, ex comandante del Nas di Asti, Alessandria e Cuneo che ha ribadito come anche la carne di cinghiale debba sottostare agli standard qualitativi previsti per le carni allevate.
Accogliendo anche alcuni esponenti del neonato Comitato spontaneo Coaarp, la Cia ha annunciato che segnalerà i danni anche alle Forze dell’Ordine affinchè abbiano contezza della presenza dei cinghiali sul territorio.