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Cronaca
Processo

La telefonata ricevuta da una madre: «Questa volta la uccido tua figlia!»

Drammatica testimonianza in aula nell’ambito di un processo per maltrattamenti in famiglia di una coppia di commercianti

«Stavo quasi andando a dormire quando ricevetti la telefonata del compagno di mia figlia che, urlando, mi ha detto “Te l’ammazzo tua figlia, questa volta giuro che l’ammazzo” e poi ha messo giù. Io ho provato a chiamare lei, mi ha risposto una sola volta e poi ha messo giù. Ho riprovato e non rispondeva mai fino a quando, a rispondere, è stato un uomo che si è presentato come maresciallo dei carabinieri. Il mondo mi è crollato addosso, ho pensato di aver perso per sempre mia figlia». Per fortuna il maresciallo ha rassicurato quella madre sul fatto che i carabinieri erano arrivati prima che potesse succedere l’irreparabile, ma la drammaticità del suo racconto in aula ha dato la cifra di un processo per percosse e maltrattamenti in famiglia in cui è imputato Simone C. C.
La coppia, senza figli, era molto conosciuta per aver aperto e gestito un’attività al centro commerciale Il Nuovo Borgo di Asti.
Tutto è stato ricostruito in aula di tribunale, davanti al giudice Beconi su domande del pm Macciò.
Quando è stato il momento di testimoniare, la donna, costituita parte civile con l’avvocato Francesca Maccario, ha chiesto di poter parlare dietro un paravento che la proteggesse dalla vista del suo ex compagno.
Anche se non è bastato per rendere più leggera la sua deposizione, spesso interrotta dai pianti.
Ha raccontato che si aveva conosciuto su un social di incontri il ragazzo di cui si era perdutamente innamorata e insieme avevano deciso di prendere in gestione il negozio al Borgo. Ma presto hanno cominciato a litigare sia per questioni economiche, sia per i turni massacranti cui la donna era costretta visto che lui, a suo dire, non le dava mai il cambio.
Presto sono cominciate anche le percosse e la donna si presentava al lavoro con il sopracciglio cucito, il polso rotto, la caviglia dolorante e ogni volta era stato un “incidente” con la serranda, le scale, gli spigoli.
«Le prime volte, anche se mi sono presentata al Pronto Soccorso e dai carabinieri, ho detto che mi ero procurata da sola quelle ferite perché non volevo farlo innervosire ancora di più – ha raccontato in aula – Ma quella sera del 9 novembre, quando mi ha aggredita in negozio solo perché gli volevo impedire di prendere altri soldi che ci servivano per pagare i fornitori, è stato di una violenza tale che non ce l’ho fatta più e, dopo essermi presa calci e pugni, ho raccontato tutto ai carabinieri». Ha raccontato di tutte le altre volte in cui era stata aggredita in casa, in cui era caduta a terra e lui le dava i calci fino a fratturarle un polso, alla volta in cui, durante le vacanze di Natale lui la prese a calci sul fianco mentre era già a terra fino a toglierle il respiro probabilmente per la frattura di alcune costole. E poi delle volte in cui lui si prendeva l’auto della fidanzata e la usava per giorni costringendola ad andare a lavorare a piedi tornando la sera con il buio; delle volte in cui le sequestrava le chiavi di casa e la costringeva a suonare il campanello per entrare e se lui era in casa le apriva, altrimenti la faceva aspettare per ore sugli scalini, anche d’inverno.
In casa era un inferno, secondo la deposizione della donna che non aveva un solo luogo in cui rifugiarsi, neppure il bagno perché anche se chiudeva a chiave lui sfondava le porte a calci.
«A casa di mia figlia – ha raccontato la madre della donna – abbiamo trovato un appartamento devastato, pieno di porte sfondate, serrature divelte, mobili con i segni dei pugni sferrati da ogni parte. Mio marito ha passato mesi a rimettere a posto tutto».
Un inferno che l’imputato, difeso dall’avvocato Bognanni di Monza, conferma ma a parti rovesciate: era lei che aggrediva lui, lei che beveva e ubriaca spaccava tutto, lei che si faceva male nelle sue “sceneggiate”, lei che aveva complottato con la sua famiglia tutte queste accuse per portargli via l’attività commerciale in cui avevano messo soldi lui e i suoi genitori.

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