Non c’è ancora la verità sulla morte di Deeqa Aden Gureye, “l’Angego dei rifugiati” e forse non ci sarà mai, ma finalmente un tribunale italiano le ha restituito quella dignità di persona e quel rispetto che le era stato negato al momento della sua morte, 9 anni fa, sul ponte della Gran Madre a Torino per cause tuttora sconosciute.
Deeqa Aden Gureye, di origine somala, era spostata con Luigi Tessiore, funzionario delle Nazioni Unite ora in pensione, villanovese. Laureata in scienze politiche, attivista per i diritti dei migranti, Deeqa si occupava dell’integrazione dei rifugiati e del riconoscimento dei loro diritti. Collaborava con la Caritas e con le istituzioni torinesi ma si era anche battuta per smantellare quel sottobosco di finte cooperative che sfruttavano il problema dei rifugiati incassando i fondi pubblici senza garantire loro nessuna assistenza. Per questo Deeqa era stata minacciata più volte e il 2 ottobre 2012 venne trovata morta a nemmeno 40 anni a Torino.
L’inchiesta fu chiusa in fretta, derubricata come incidente stradale e anzi alla vittima venne imputata una presunta ubriachezza che non venne riscontrata dalle analisi e l’investitore anonimo sollevato dalla colpa con argomentazioni a sfondo razziale: Deeqa aveva la pelle nera e di notte non poteva essere vista dal guidatore.
Il tribunale civile di Torino ha invece stabilito lo scorso maggio che la colpa dell’investitore c’era, riconoscendo il risarcimento a carico del Fondo delle vittime della strada. La scusante della pelle nera non ha trovato cittadinanza nella sentenza del giudice civile, anche se Luigi Tessiore sente ancora bruciare l’argomentazione della difesa dell’assicurazione che come attenuante nei confronti dell’investitore ha addotto che il corpo di Deeqa poteva essere scambiato per un sacco dell’immondizia nero abbandonato sul selciato.
E’ un piccolo passo verso la verità dei fatti che invece gli inquirenti non hanno voluto indagare al tempo della morte della Aden Gureye. Finora soltanto un’inchiesta della giornalista di Rai News 24 Manuela Lasagna ha sollevato i dubbi che rimangono sulla fine di Deeqa: le ferite riportate dall’attivista erano compatibili con l’investimento di un’auto ma anche con colpi sferrati con una mazza o una spranga. L’inchiesta non ha voluto approfondire questi aspetti, ma Luigi Tessiore non si arrende al fatto che la moglie, con la quale ha vissuto per 20 anni e che è stata sepolta a Villanova d’Asti, non veda riconosciuta quella dignità che era stata il faro per cui si era battuta per tutta la vita.
«Con Villanova continua ad esserci un forte legame – racconta Luigi Tessiore – e mia moglie la considerava casa. Devo ringraziare il sindaco Christian Giordano che ha facilitato le pratiche burocratiche per la sepoltura di Deeqa. Stiamo lavorando inoltre con la biblioteca civica per proporre delle iniziative contro il razzismo e la cultura colonialista che purtroppo in Europa e in Italia ancora resiste».
Deeqa nel 2009 aveva creato un’associazione a cui aveva dato il nome: “IS.SAHAN”, ricorda il marito che oggi vive in Marocco: «IS vuol dire Italo-Somala e SAHAN è una parola somala che indica, per i nomadi, quello che possiamo definire lo “scout”. Tra i nomadi, c’è sempre qualcuno che va avanti alle famiglie e ai cammelli per cercare le due cose indispensabili alla vita: l’acqua e i pascoli. Chi fa questo durante le transumanze si chiama SAHAN».
Purtroppo il lavoro prezioso di “Sahan” che Deeqa svolgeva per i rifugiati si è interrotto quel 2 ottobre del 2012 sul ponte della Gran Madre a Torino, ma quello che ha seminato merita di essere coltivato in suo nome.
Il risarcimento dell’assicurazione, dopo l’appello proposto dal Fondo vittime della strada, andrà ad un fondo istituito in memoria dell’Angelo dei rifugiati.