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Amalberto Andrea nuova
Economia
Intervento

“Il Green Pass andrebbe previsto anche nelle aziende”

Il presidente dell’Unione industriale di Asti, Andrea Amalberto, risponde ai sindacati Fim Cisl e Fiom Cgil

«Sì al Green Pass in tutti i luoghi pubblici, compresi le aziende e i luoghi di lavoro in generale».
Sono le parole di Andrea Amalberto, presidente dell’Unione industriale, che interviene nell’ambito del dibattito sull’utilizzo del Green Pass per l’accesso ai luoghi pubblici, all’ordine del giorno anche a livello locale.
Sì, perché è dei giorni scorsi la presa di posizione delle segreterie territoriali Fiom Cgil e Fim Cisl che hanno scritto alle aziende, e alla stessa associazione degli imprenditori, criticando l’obbligo di legare l’accesso alle mense aziendali al documento che certifica l’immunità dal Covid (come previsto nella Faq publicata dal Governo lo scorso 15 agosto) e chiedendo agli imprenditori di evitare provvedimenti definiti «fai da te», come i tamponi ai dipendenti al rientro delle ferie. Il tutto richiamando l’importanza della vaccinazione, ma anche «la necessità di rispettare i protocolli di sicurezza definiti da aziende e sindacati in occasione del primo lockdown, nel marzo 2020, che prevedono già misure di sicurezza quali distanziamento, utilizzo della mascherina e altri obblighi, quali la rilevazione della temperatura all’ingresso».

Le parole di Amalberto

Dichiarazioni che non vedono d’accordo il presidente Amalberto. «I punti rilevanti dei protocolli del 2020 – annota – sono principalmente due: utilizzo della mascherina e distanziamento sociale all’interno delle aziende. Quindi anche nelle mense. Ma, siccome non è possibile mangiare e bere con la mascherina, ben venga il Green Pass a risolvere il problema: ovvero, il mancato rispetto dei protocolli».
Amalberto attua poi una distinzione. «Per quanto riguarda le mense aziendali gestite da terzi – continua – il Governo ha reso obbligatorio il Green Pass, proprio come per i ristoranti e gli esercizi pubblici, il cui controllo è compito del gestore della mensa e non del datore di lavoro. Ha invece lasciato una sorta di “limbo” per quanto riguarda gli spazi aziendali dedicati al ristoro, in cui i dipendenti consumano il cibo portato da casa.
«Fino all’avvento dei vaccini – ricorda – si monitoravano questo e gli altri ambienti aziendali stando attenti al distanziamento e facendo test sierologici (prima) e tamponi periodici (poi) di controllo. Ma ora che è a disposizione la vaccinazione, perché gli imprenditori devono continuare a pagare i tamponi se la soluzione è rappresentata dal Green Pass? Anche perché è un documento che si ottiene non soltanto aderendo alla vaccinazione, ma anche facendo un tampone nelle 48 ore precedenti».

L’estensione del Green Pass

Il presidente della Industriali va quindi oltre. «Penso che il Green Pass andrebbe esteso in tutti i luoghi frequentati dal pubblico, anche nelle aziende. In primo luogo per proteggere la salute dei lavoratori, quindi per sollevare gli imprenditori da quella norma che prevede che debbano fare tutto quanto è in loro possesso per evitare che i dipendenti si ammalino di Covid. Tra l’altro ricordo che, in relazione ad altre malattie, come il tetano, è obbligatorio il vaccino per svolgere alcune mansioni lavorative. E perché il discorso legato al Covid dovrebbe essere diverso?».
«Detto questo – conclude – siamo disponibili come Unione industriale a dialogare e trovare accordi. In primo luogo per invitare tutti i vaccinarsi».

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