A 11 anni dai “cusot” (zucchini), Dusino San Michele da quest’anno ha un altro suo prodotto tipico certificato De.Co. (denominazione comunale). Si tratta di una varietà di mais molto particolare, dal colore arancio intenso che vira al rosso, ottimo per polente dal sapore di altri tempi.
In questi giorni è in piena attività la sua raccolta da parte di quattro produttori che hanno seminato a mais rosso circa 17 ettari su terreni che si trovano nella piana fra Dusino e il comune di San Paolo Solbrito.
Era il mais coltivato da generazioni, inizialmente in frazione Turchia di Dusino e poi, via via che i contadini ne apprezzarono le qualità, divenne la varietà prevalente fino agli Anni Settanta. L’avvento delle sementi ibride con maggiori rese lo ha reso meno appetibile, ma è destinato ad un nuovo periodo di popolarità.
La delibera formale che istituisce la De.Co. è del dicembre scorso, ma solo con il raccolto di questo periodo è diventata realtà.
A spiegare le caratteristiche del mais rosso o, come era conosciuto dai nonni della “meira americana” è lo stesso sindaco Valter Malino che, appassionato di agronomia, ha fortemente sostenuto la rivincita di questa varietà.
«E’ un granoturco che si semina ad aprile e si raccoglie da agosto – spiega – e già questo ciclo più corto rispetto alle sementi ibride lo rende più sostenibile perché necessita di meno acqua. Il fusto è più basso degli ibridi, quindi è più difficile che gli eventi atmosferici come temporali e trombe d’aria lo corichino. La pannocchia si presenta più corta ma di un colore aranciato molto accentuato, tendente al rosso. E mantiene questo colore anche nella molitura, rendendo la farina per la polenta unica al mondo anche per colore, oltre che per sapore. E, come tutti i prodotti locali, sviluppa delle difese naturali più forti degli ibridi».
Fino a metà del secolo scorso, veniva seminato fra i filari delle vigne perchè ama i terreni esposti al sole mentre patisce i fondovalle che trattengono una maggiore umidità. I suoi chicchi dal colore vitreo caratterizzato dalla forte concentrazione di carotene, erano usati anche come mangime per le galline perché i suoi nutrimenti esaltavano sapore e colore del rosso delle uova.
Le pannocchie di mais rosso necessitano di un trattamento molto particolare e delicato. Visto che viene destinato interamente all’alimentazione umana, viene raccolto, ulteriormente essiccato al sole e poi macinato a freddo in forma integrale, mantenendo tutto il nutrimento del germe interno.
Da qui il suo sapore pieno e completo che rende buonissima la polenta anche senza sughi, formaggi e altri condimenti di accompagnamento. «Spero che la De.Co. sia di incentivo ad altri agricoltori per orientarsi verso questa coltura che può aprire molte opportunità di reddito visto che la richiesta del mercato supera di gran lunga l’offerta di prodotto – dice il sindaco Malino – Una maggiore consapevolezza dei consumatori verso prodotti locali e bio costituiscono una buona occasione per i coltivatori cerealicoli delle nostre zone e la De.Co. è un plus da spendere sul mercato per riconoscere l’impegno e la tradizione che sono dietro a un sacchetto di farina da polenta rossa».
Sulle vecchie cascine cercati i semi della varietà originale
Ogni sacchetto di farina di polenta di mais rosso contiene anche una storia che, da sola, dà la misura dell’attaccamento al recupero delle radici.
Quando, una decina di anni fa, Malino, i Turco e qualche altro agricoltore hanno cominciato a pensare di tornare a riseminare la “meira americana”, il problema era quello di ritrovare l’esatta selezione di quella coltivata in passato.
Ma dove prendere le sementi?
E’ iniziata così una vera e propria “caccia al tesoro” nelle cascine abbandonate o in quelle non ancora ristrutturate per recuperare i chicchi che, nel corso dei decenni, si erano staccati dalle pannocchie che venivano appese d’inverno davanti ai fienili per essiccare e per ornamento. Una lunga e meticolosa ricerca, con i semi rigorosamente catalogati e messi in campo secondo logiche di riconoscimento che hanno consentito, anno dopo anno, di individuare l’esatta varietà antica.
Una volta trovata, il primo anno ne sono state seminate poche file e le pannocchie che ne sono nate sono diventate la “nursery” per il campo dell’anno dopo fino ad arrivare ad averne abbastanza per seminare i 17 ettari attuali.
E oggi, come 150 anni fa, i semi sono autoprodotti, sgranati dalle pannocchie più belle un anno per l’altro.
Robusto, nutriente e abituato alla siccità, è una speranza per l’Africa
Il mais rosso è una speranza anche per alcuni villaggi africani in guerra contro la fame.
Nel 2014 li Comune di Dusino collaborò con l’Associazione Michi Smile onlus regalando alcuni dei semi selezionati della sua varietà sapendo che resistevano bene alla siccità. Vennero messi a dimora in alcuni terreni del Benin e, grazie al ridotto fabbisogno di acqua, crebbero e regalarono degli ottimi raccolti ai contadini africani.
Da allora, di anno in anno, viene seminato e raccolto con rese molto più alte di altre varietà ed ibridi che invece deludono le aspettative di chi ha nella farina di mais la sua principale opportunità di sfamarsi.
C’è chi lo coltiva fin dal 1860
La famiglia Turco, produttrice in proprio di mais rosso e titolare di un’affermata attività di vendita ed esportazione di farine da polenta e altri prodotti del territorio, è fra quelle che ha mantenuto viva la tradizione della “meira americana”. Nei suoi campi viene coltivata dal 1860 e i fratelli Turco con il padre hanno contribuito a selezionare la varietà per la De.Co. Ogni anno producono 100 quintali di granella che viene macinata in versione integrale nel mulino a pietra e spedita in Italia e in tutta Europa.