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Cronaca
Tribunale

Asti, visse con la zia morta da sei mesi in casa e continuò a ritirare la sua pensione

Inizia il processo a carico dell’uomo che non diede sepoltura alla donna e la tenne per mesi in camera da letto. E lui non si trova più da nessuna parte

Una delle notizie di cronaca più surreali che la nostra città abbia avuto modo di leggere sui giornali negli ultimi dieci anni. Era quella del giugno del 2018 quando, a seguito di un accesso per sfratto esecutivo in un appartamento di via Bonzanigo, nel cuore della città, l’ufficiale giudiziario e l’avvocato dell’inquilino hanno fatto una macabra scoperta. Nella camera da letto del terzo piano si trovava il corpo in avanzatissimo stato di decomposizione di una donna, Luigia Laferrere, 90 anni, zia dell’intestatario del contratto di affitto, Gianfranco Alasia di 68 anni.
La donna era morta sei mesi prima in seguito ad un tumore ai polmoni e al rientro dall’ennesimo ricovero in ospedale.
Nessun mistero dunque sulla sua morte, ma resta ancora oggi inspiegabile la decisione del nipote di non darle sepoltura. Semplicemente, alla constatazione del decesso da parte dei medici del 118 e di quello curante, lui ha coperto il corpo con un lenzuolo e non l’ha più toccata. Ha riempito la stanza di deodoranti per ambiente e profumatori, ha spento i termosifoni e aperto le finestre per mitigare gli odori della decomposizione. E aveva continuato a vivere lì. Incassando la pensione dell’anziana zia.
L’iniziale accusa di occultamento di cadavere è decaduta per far posto a quella di truffa ai danni dell’Inps.
Accusa mossa dal pm Laura Deodato che ha coordinato le indagini su questo strano episodio.
In aula ieri si è tenuta la prima udienza del processo nel quale Alasia è difeso dall’avvocato Caranzano.
Fra le testimonianze più interessanti quella del luogotenente dei carabinieri che, coordinato dal pm, ha effettuato gli accertamenti patrimoniali di Alasia. Scoprendo che era l’unico ad avere accesso al conto dell’anziana zia, unica parente della famiglia rimasta dopo la morte della madre nel 2015. Ogni mese la donna percepiva circa 1100 euro di pensione che veniva ritirata con una serie di prelievi bancomat addebitati ad Alasia il quale, in quel periodo, non aveva un lavoro stabile.
Nel frattempo Alasia si è reso irreperibile: da molti mesi, ormai, si sono perse le sue tracce e da nessun database è stato possibile rintracciarlo per notificargli l’inizio del processo.

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