Salgono a 114 i Comuni, al confine fra Piemonte e Liguria, che il Ministero della Salute ha circoscritto come “zona infetta” dal virus della peste suina africana. Dopo il primo caso scoperto nei giorni scorsi ad Ovada, con il rinvenimento del virus sulla carcassa di un cinghiale ritrovato morto, un altro caso sospetto è sotto esame da parte dell’Istituto Zooprofilattico regionale ed è stato localizzato a circa 30 km dal primo ritrovamento, al confine con la Liguria.
Per questi 114 Comuni, l’assessore regionale alla Sanità, Icardi, chiede l’estensione del divieto di caccia già in vigore per i primi 54 individuati nell’areale del primo ritrovamento ad Ovada.
«E’ stata innalzata al massimo livello di allerta la vigilanza sulle misure di biosicurezza nel settore domestico, con particolare riguardo a tutte le operazioni di trasporto e movimentazione degli animali, di mangimi, prodotti e persone – ha detto l’assessore Icardi – Domani, giovedì, incontreremo le organizzazioni sindacali agricole per fare il punto sugli sviluppi della situazione sanitaria».
Ricordando e ribadendo che si tratta di una malattia che non si trasmette all’uomo e non espone ad alcun rischio sanitario la popolazione, va però detto che è letale per i suini. Non esistono vaccini nè cure e in caso di contagio negli allevamenti, l’unica soluzione è l’abbattimento in massa, con gravissime ripercussioni anche economiche per un indotto che anche in Piemonte è molto sviluppato.
Anche carabinieri forestali e Protezione Civile sono stati coinvolti nella vigilanza del territorio in cui sono stati rinvenuti i due casi (uno accertato, l’altro fortemente sospetto). «Nel corso del fine settimane l’Asl di Alessandria ha già individuato a Novi Ligure il primo deposito per le carcasse dei capi rinvenuti – ha affermato l’assessore Icardi in risposta ad un’interrogazione del consigliere regionale Carlo Riva Vercellotti – e lunedì scorso è stato collocato un contaniner refrigerato per lo stoccaggio provvisorio in attesa di smaltimento».
Il consigliere Riva Vercellotti ha proposto l’istituzione di una unità di crisi che comprenda anche un veterinario per ogni singola azienda sanitaria regionale per avere una costante informazione sulla situazione.
E il caso che sta preoccupando non solo gli allevatori di suini piemontesi, ma quelli di tutta Italia che temono il dilagare del virus finisce anche in Senato con un’interrogazione del senatore Mino Taricco il quale4 solecita il Ministro delle Politiche Agricole a valutare la necessità di un decreto che ricomprenda soluzioni sia per arginare la diffusione della peste suina ma, soprattutto per abbassare la pressione della presenza di fauna selvatica la quale, come dimostrato dal caso piemontese, è vettore di contagio.