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Cronaca
Piovà Massaia

Perchè è stato assolto dal matricidio? Perchè il giudice non ha creduto alla sua confessione

C’è attesa per le motivazioni del Gup Belli ma l’unica lettura giuridicamente possibile è quella di aver giudicato la confessione un frutto di fantasia

Bisognerà attendere 90 giorni per leggere le motivazioni con le quali il gup Belli spiegherà il motivo di quella incredibile assoluzione dettata nei giorni scorsi nei confronti di Gianni Ghiotti, 53 anni, operaio di Piovà Massaia che nel settembre del 2020 aveva confessato di aver soffocato nel sonno, tre anni prima,  la madre gravemente malata.
Una legittimazione, di fatto, di eutanasia spicciola? Ovviamente no. Aspettando le motivazioni, l’unico ragionamento che metta insieme logica e diritto è quello che porta ad una conclusione sola: il gup non ha creduto alla confessione di Ghiotti.
Non basta autoaccusarsi, per la legge è necessario trovare riscontri e, in questo caso, l’unico elemento che conferma il racconto dell’imputato è l’alto valore di antidolorifici e tranquillanti riscontrati negli esami tossicologici dell’autopsia eseguita a distanza di tre anni dopo la riesumazione della salma all’indomani della confessione. Ma la donna era gravamente malata e non era un mistero che negli ultimi anni della sua vita facesse un uso massiccio di antidolorifici.
Di altro, il medico legale, non ha trovato nulla: niente che potesse confermare una morte per soffocamento. E senza altri riscontri, il gip deve aver scelto la via dell’assoluzione per mancanza di prove.
Un ragionamento che troverà conferma o smentita fra tre mesi, alla pubblicazione delle sue motivazioni.
Una vicenda dai contorni decisamente insoliti, che aveva portato Ghiotti agli arresti domiciliari dal momento della confessione, con possibilità di recarsi al lavoro e di provvedere a sè stesso, vivendo da solo.
Alla requisitoria, il pm Fiz che aveva seguito l’indagine fin dall’inizio, aveva chiesto una pena a 7 anni e mezzo. Il suo difensore, l’avvocato Dapino, aveva chiesto l’assoluzione in prima istanza salvo poi argomentare a lungo la sua richiesta in subordine, ovvero quella di riconoscere non un matricidio, ma un “omicidio del consenziente”, che può tradursi impropriamente in quell’eutanasia che il codice penale non prevede espressamente in Italia.

Una richiesta che era arrivata dopo aver analizzato puntualmente sia gli interrogatori di Ghiotti, che fin dal primo momento sono sempre andati in un’unica direzione e non hanno mai avuto momenti di contraddittorietà, sia una cugina che aveva seguito da vicino il lungo calvario di malattia della zia. La madre di Ghiotti, dopo una vita di lavoro in campagna, aveva avuto una vecchiaia segnata da una malattia molto invalidante, l’osteoporosi, che le aveva provocato numerose fratture e una situazione di invalidità che a lei pesava tantissimo.
Il figlio ha sempre dichiarato di aver posto fine alla vita della madre, dopo averla devotamente curata e seguita per anni, in quella lunga e soffertissima notte, la prima a casa dopo uno degli ennesimi e lunghi ricoveri in ospedale per fratture che non volevano mai rimarginarsi. In quella notte, appena rientrata, un grido lancinante che denotava un’altra frattura ancora e dunque la prospettiva di un altro ricovero e di altro dolore.

Troppo per quella donna abituata ad essere il perno su cui ha ruotato una vita la famiglia e troppo anche per il figlio che si occupava in via esclusiva dell’anziana e sofferente madre che era era rimasta vedova da diversi anni. E’ stato lui a raccontare che più volte la madre aveva implorato la morte così quella notte l’ha imbottita di tranquillanti ed antidolorifici e l’ha soffocata con un cuscino.

Una morte che non ha destato alcun sospetto nel medico legale chiamato per constatarne il decesso, vista la storia “clinica” della donna.Un segreto tenuto dentro per tre anni, compreso il lungo periodo di isolamento da pandemia, che nel settembre del 2020 è sfociato in una confessione che Ghiotti ha fatto ai carabinieri di Montechiaro che l’avevano convocato per un fatto di atti vandalici di cui era sospettato. Venne decisa la riesumazione della salma della donna seppellita al cimitero di Berzano per un’autopsia a distanza di tre anni.

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