Carismatico, discusso, divisivo, amato follemente e criticato aspramente, sempre, costantemente, sotto le luci dei riflettori: Luciano Moggi, sia per i suoi adulatori che per i detrattori, è senza alcun dubbio una delle figure iconiche del calcio mondiale degli ultimi trent’anni. Una storia degna di un film, tra ascese e cadute, con quale imprescindibile comun denominatore una sequela di successi degna di un big assoluto dello sport.
Giovedì scorso durante “Diretta Stadio”, evento televisivo di punta de “La7 Gold” che ha quale opinionista fisso il “Direttore” oltre che Francesco Oppini, c’era tanta Asti protagonista: l’ex assessore allo sport Mario Bovino, ormai habituè della trasmissione, amico di Moggi e grande appassionato di calcio (rigorosamente di fede interista), l’Alta Langa ByBosca quale gradito nettare della cena pre-diretta. Di fronte alle telecamere dell’emittente lombarda la partita di Coppa Italia fra Juventus e Sassuolo, decisa in favore dei bianconeri solo negli istanti conclusivi grazie a una magia di Dusan Vlahovic.
Già la Juventus: tornando alla “storia degna di un film” è curioso sottolineare l’ascesa di un “self made man” come “Big Luciano”, nato da una famiglia di ceto modesto, ex difensore centrale che, terminate le scuole medie, iniziò a lavorare presso le Ferrovie dello Stato, e poi, insoddisfatto e al contempo motivato nell’inseguire il sogno del “dio pallone”, iniziò a percorrere passi importanti come scopritore di talenti, entrando poi nel calcio maggiore negli Anni Settanta per la Juventus, alle dipendenze del direttore generale Italo Allodi. Che fosse un predestinato bastò poco a capirlo: non è da tutti scoprire Paolo Rossi nel 1972, Claudio Gentile nel 1973 e Gaetano Scirea, nel 1974. Il preludio a un peregrinare scandito spesso da grandi successi con squadre di altissimo livello quali Roma, Lazio, Napoli, Torino e Juventus. Il Napoli di Diego Maradona, con tanto di scudetto, il Torino dell’era Borsano che sfiorò la Coppa UEFA sono i gustosi antipasti del “piatto forte” bianconero. Cinque scudetti, quattro Supercoppe italiane, una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa UEFA e una Coppa Intertoto sono certamente un curriculum da “Nobel del football”. In un giovedì a ritmo frenetico, fra la cena pre-diretta e la trasmissione stessa, Luciano si è raccontato con grande disponibilità.
Direttore, partiamo dal gol partita bianconero contro il Sassuolo, una perla di Vlahovic. Grande mercato invernale per la Juventus…
Ha acquistato un centrocampista molto bravo a recuperare palloni che si rivelerà utile come Zakaria e una prima punta giovane e di qualità, quella che mancava. Vlahovic migliora tutto il reparto, come dimostrato dalla grande prova di Morata contro il Verona, e carica l’ambiente, ma allo stato attuale la squadra deve fare la corsa per la Champions e non pensare allo scudetto.
Cosa manca a questa Juve per essere al top?
La prima stagione di Max Allegri serve a lavorare per il futuro, sono stati inseriti tasselli importanti ma ne mancano ancora. Gli acquisti estivi saranno un centrocampista di qualità e un centrale di difesa, perché occorre eleggere l’erede di Chiellini e ciò non significa rinunciare per forza a De Ligt. Il nome in difesa è già certificato, ed è quello di Bremer del Torino.
Intervista completa nell’edizione di martedì 15 febbraio, disponibile anche in digitale