Sono stati gli stessi imputati a rivelare la strategia difensiva adottata davanti alla Corte d’Assise di Asti per l’omicidio di Georgiev Gorancho, il bracciante macedone deceduto nel 2020 in una struttura per lungodegenti dopo quattro anni di coma a seguito di una violentissima rissa avvenuta il giorno di Pasquetta 2016 a Castiglione Tinella.
Nell’ultima udienza, al banco dei testimoni si sono seduti i due imputati, i fratelli Adrian e Valentin Betea difesi dagli avvocati Saraniti ed Abate Zaro.
Abitavano nell’alloggio sotto quello di Gorancho e sono accusati di aver sferrato i colpi al capo che hanno provocato lesioni così profonde alla testa del bracciante da renderlo incoscente per anni fino alla morte.
In un primo tempo, i fratelli Betea imputati erano stati tre: anche Alin, il più giovane, doveva rispondere di quello che, fino al gennaio 2020, era solo un’accusa di tentato omicidio.
Al processo di primo grado, ad Asti, Alin venne assolto.
Ma ora il suo nome torna prepotentemente di attualità. Questo perchè i suoi due fratelli in aula, senza contraddizioni fra loro, hanno addossato a lui la responsabilità del primo colpo alla testa a Gorancho, sferrato nell’alloggio di uno dei Betea spaventati dall’ingresso del bracciante arrabbiato per un pezzo di cortile recintato e interdetto al parcheggio.
«E’ stato Alin a colpirlo in casa – ha detto Valentin – quando è andato verso il garage, sanguinava già copiosamente dalla testa».
Ma perchè i due fratelli non hanno raccontato prima questa storia?
«Quella sera stessa, dopo che Gorancho era stato portato via in ambulanza, ci siamo tutti messi d’accordo per tenere fuori Alin da questa storia. Visto che quella era casa nostra, abbiamo pensato che sarebbe stato meglio “coprirlo” prendendoci la colpa. Lui aveva anche promesso che, se le cose si fossero messe male, avrebbe raccontato la verità assumendosi la responsabilità di quanto fatto».
Cosa che Alin non ha mai fatto. Nè nel primo processo al termine del quale solo lui venne assolto mentre i fratelli vennero condatti a 8 e 10 anni, nè in occasione di questo nuovo processo per omicidio.
Alin si è presentato davanti ai giudici togati e a quelli popolari, ha patteggiato per la rissa (reato parallelo a quello di omicidio che riguarda diversi imputati) ma si è avvalso della facoltà di non rispondere nel processo contro i suoi fratelli. Così non è arrivata alcuna conferma o smentita di responsabilità.
Un comportamento che i fratelli imputati non hanno preso bene.
«Abbiamo anche chiesto a nostra madre di farlo ragionare e di raccontare ai carabinieri come è andata, ma lui, per tutta risposta, si è allontanato da tutti e ci ha abbandonato. Alin non sarà mai più mio fratello dopo quello che ci ha fatto».