«Chiunque sia entrato in quel garage è responsabile del feroce pestaggio a Gorancho, che, quattro anni dopo, gli sarebbe costato la vita»: queste le conclusioni della requisitoria del pm Greco davanti alla Corte d’Assise chiamata a giudicare i fratelli Adrian e Valentin Betea. Dal pm una richiesta di condanna a 17 anni di reclusione a carico di ciascun fratello e di 1 anno per rissa a carico di altri due imputati (Paul Bogdan e Toni Fidanchov) mentre ha chiesto l’assoluzione per non aver commesso il fatto per Daniel Leu, sempre imputato solo di rissa.
Alle battute finali il processo al tribunale di Asti che ha ripercorso il tortuoso cammino della vicenda giudiziaria nata come tentato omicidio di Gorancho (ridotto in stato vegetativo) e poi virata in omicidio volontario (alla morte dell’uomo quattro anni dopo i fatti e a processo avviato in Corte d’Appello).
Per il pm, che ha annunciato anche la denuncia per falsa testimonianza di due persone chiamate a deporre, quella di cui Gorancho fu oggetto fu una vera e propria spedizione punitiva per fargli pagare ciò che lui aveva fatto poche ore prima, entrando nella casa dei Betea, spaccando mobili e oggetti e minacciando i fratelli. Tutto nel giorno di Pasquetta del 2014 al termine di un periodo di conflitti fra le due famiglie per ragioni di utilizzo del cortile condominiale.
«Vero che Gorancho entrò a casa dei Betea – ha detto il pm – ma se davvero fossero stati così spaventati (anche per la presenza in casa dei bambini), avrebbero semplicemente potuto barricarsi una volta uscito e attendere l’arrivo dei carabinieri. Invece hanno chiesto rinforzi, si sono organizati e sono usciti per dargli una lezione chiudendolo nel garage e massacrandolo di botte fino a portarlo ad un coma dal quale non si sarebbe ripreso più». In quel garage, secondo la testimonianza oculare del figlio minore di Gorancho, erano presenti sicuramente tre fratelli Betea e una quarta persona. Secondo il racconto hanno chiuso il garage e lui ha sentito solo il rumore dei colpi sferrati al padre. Valentin e Adrian sono sotto processo, Alin, il terzo fratello, è già stato assolto in primo grado per lo stesso fatto nel precedente processo e non può più essere indagato, il quarto non è stato identificato.
Agli avvocati Bona, Alfano e Pellegrino, difensori di parte civile, il compito di far capire ai giudici togati e popolari il dramma in cui i quattro anni di coma vegetativo prima e la morte poi hanno gettato la famiglia di Gorancho. Ma anche, e forse soprattutto, i ricordi indelebili di quella giornata nella mente del figlio sedicenne che vide tutto dalla finestra di casa (e che ha ricordato in aula) con la paura di quello che stavano facendo al padre e il senso di responsabilità nei confronti delle due sorelle gemelle più piccole che erano in casa a lui affidate. La moglie e la figlia più grande, invece, quando arrivarono furono le prime a soccorrere l’uomo che si trovava seduto in garage, con una vistosissima ferita alla testa, sangue ovunque e più nessuna capacità di parlare e comunicare.
Di tutt’altro avviso la difesa, sostenuta dagli avvocati Saraniti e Abate Zaro.
«La legittima difesa sussiste eccome – dicono – perchè, secondo le nuove norme, si è trattato di un’unica azione continuata in cui i Betea, dopo essere stati aggrediti a casa loro, hanno seguito Gorancho in garage perchè sicuri che stesse andando a prendere armi o arnesi per tornare e fare ancora più male. Lui non stava scappando. Per questo è stato più che legittimo, per i nostri assistiti, agire in modo da neutralizzarlo. Erano in preda ad un fortissimo turbamento per quanto accaduto poco prima in casa e preoccupatissimi per la presenza dei loro figli piccoli. Ci sono foto, testimoni e filmati che dimostrano come la vittima fosse entrato di prepotenza a casa loro minacciando la loro sicurezza».
La sentenza è attesa per il 15 aprile. Giorni di Pasqua, come quelli in cui avvenne il gravissimo episodio a Castiglione Tinella.