In alcune recenti dichiarazioni, rilasciate durante un’intervista a un giornale locale, il sindaco Rasero è tornato a parlare del prossimo Asti Pride, della mancanza del patrocinio comunale («gli organizzatori non l’hanno chiesto») e del fatto che lui creda sia inopportuno il percorso proposto dall’associazione Asti Pride, manifestazione prevista per il 16 luglio, perché passerebbe da corso Savona nello stesso periodo in cui il cavalcavia Giolitti sarebbe chiuso per importanti lavori («ho detto che tecnicamente non sono contento perché mi bloccheranno le strade, ma se la questura li ha autorizzati facciano pure»).
Parole che hanno riacceso la querelle tra l’associazione Asti Pride e gli altri sodalizi vicini ala comunità LGBTQI e l’amministrazione comunale con la quale, nonostante il Pride del 2019, non esistono più rapporti, né collaborazioni di alcun genere. Il motivo di questa rottura «nata subito dopo la manifestazione del 2019 – spiega il presidente dell’associazione Asti Pride, Patrizio Onori – è molto semplice: dopo l’Alba Pride, cui assistette dal vivo lo stesso Rasero dicendo che sarebbe stato lieto di ospitare anche ad Asti un’analoga manifestazione, noi proponemmo il primo Pride, chiedendo il patrocino al Comune, non per far litigare la maggioranza, ma perché sulle questioni dei diritti per la comunità LGBTQI bisogna essere trasversali. E, in effetti, ottenemmo il patrocinio».
«Purtroppo – continua Onori – il giorno del Pride ci fu una passerella fotografica del sindaco Rasero e di altri consiglieri, ma dal giorno dopo sono arrivati solo secchi no a tutte le nostre istanze o proposte di collaborazione. Chiedere il patrocinio significa aprirsi a un confronto, a una collaborazione e soprattutto significa condividere dei valori. Questo non è avvenuto essendo stata bocciata la nostra richiesta affinché il Comune aderisse alla rete Ready (rete di enti locali per prevenire e superare l’omotransfobia ndr) o quando abbiamo chiesto di poter riqualificare il sottopassaggio di piazza Marconi, progetto di cui si sono perse le tracce. Ecco, la nostra comunità è resistente e resiliente, ma non si fa strumentalizzare. Così non abbiamo chiesto il patrocinio per il 2022».
C’è poi la questione del percorso della manifestazione del 16 luglio che partendo dai giardini pubblici, vorrebbe procedere verso piazza Alfieri, corso Alfieri, piazza San Secondo, via Cavour, piazza Marconi, corso Einaudi, corso Savona fino a via Cirio con arrivo al parco Lungo Tanaro. Onori ha raccontato l’iter amministrativo, non ancora concluso, per ottenere il via libera dalla questura e l’avvallo, sebbene non dovuto, dell’amministrazione comunale. «Il 24 febbraio – ricorda – abbiamo coinvolto la Questura informandola della data e del percorso che avremmo voluto fare. La polizia, estremamente disponibile ha suggerito una piccola modifica per evitare che il Pride incrociasse il mercato. Abbiamo fatto presente che avremmo voluto condividere il tragitto anche con il Comune e così abbiamo tentato di fare. Il 4 marzo – continua il presidente di Asti Pride – abbiamo contattato l’assessore Loretta Bologna; il 6 marzo abbiamo chiesto al sindaco un incontro fissato da Bologna per il 10 marzo. Ma, giunti in municipio, abbiamo scoperto che il sindaco non ci avrebbe ricevuto per altri impegni. Quindi è stato chiesto un secondo appuntamento, per il 17 marzo, dove siamo riusciti a parlare con Rasero per circa 6 minuti. Un breve colloquio nel quale ha ripetuto, più volte, che avrebbe bocciato il percorso perché a luglio avrebbe “chiuso la città” con vari cantieri, tra cui sul cavalcavia Giolitti. Allora abbiamo deciso di chiedere quali cantieri si sarebbero aperti e dove, ma quella lista non è mai arrivata. Il 24 marzo abbiamo rifatto il punto della situazione e il 25 marzo c’è stato un incontro con il questore che ci ha chiesto a che punto fosse il confronto con il Comune. Oggi siamo in attesa che la questura ci dia la sua risposta valutando la sicurezza del percorso e tenuto conto di quanto prevede l’art. 17 della Costituzione che impedisce le manifestazioni “soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”. Ma – osserva Onori – non esistono motivi che impediscono ad Asti Pride di passare in corso Savona, chiudendola al massimo un’ora e solo per 2/3, senza bloccare il ponte sul Tanaro e via Cuneo, anche perché ci sono vie alternative all’eventuale chiusura del cavalcavia Giolitti».
Può quindi essere una presa di posizione politica quella di Rasero? E se sì, può avere a che fare con il fatto che Vittoria Briccarello, già presidente di Asti Pride, si è candidata con la lista Uniti si può a sostegno di Paolo Crivelli?
Oppure è il centrodestra, in realtà, ad aver lanciato un messaggio al proprio elettorato (molto diviso sulla questioni dei diritti alla comunità LGBTQI) per ricompattare una coalizione che proprio sul patrocini al primo Asti Pride si era frantumata? Tutto domande legittime, ma ad oggi senza risposte certe.