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La storia

La solidarietà di tanti per regalare una “mano bionica” a Graziella

La donna, a 65 anni, colpita da meningite che ha provocato l’amputazione di braccia e gambe. Storia della sua rinascita

Immaginate di aver vissuto la vostra vita di sacrifici ma anche di lavoro, con un marito, figli, viaggi, amici, balli, cene in una casa costruita mattone su mattone; immaginate di esservi guadagnati la pensione e di pensare ad un futuro di sereno accompagnamento alla vecchiaia.
Se lo avete fatto, condividete l’idea di vita che aveva Maria Grazia La Mattina, per tutti Graziella, donna alla soglia dei 70 anni residente a San Marzano Oliveto. Solo che per lei il destino aveva piani diversi. E che piani.
Una terribile mattina di dicembre del 2016 si è sentita male in casa; portata all’ospedale di Acqui Terme la diagnosi è stata terribile: meningite, probabile conseguenze dell’asportazione della milza avvenuta anni prima.

Immediato il trasferimento in Rianimazione all’ospedale di Alessandria dove è rimasta in coma per 72 giorni.
Al suo risveglio, a fine febbraio, ha scoperto che le erano state amputate gambe e braccia.
Graziella era stata colpita dalla stessa malattia della nota atleta paralimpica Bebe Vio; una forma aggressiva di meningite che in pochi giorni necrotizza il corpo, partendo dagli arti. L’unica cura è l’amputazione.
Cosa ricorda del risveglio?
I miei figli, disperati, che non sapevano come darmi la notizia. Con l’assistenza di una psicologa, poco per volta, mi hanno raccontato che nel giro di un mese mi avevano sottoposto alle quattro amputazioni con il rischio di setticemia al termine di ognuna di esse. Quando mi sono svegliata non avevo più neppure il naso, anch’esso “mangiato” dalla malattia.
Come è stata la vita al ritorno a casa?
Sono stata in ospedale fino a maggio, poi finalmente sono tornata. Senza braccia, senza gambe, senza naso. In giro mi portavano sulla sedia a rotelle. In casa avevo imparato a gattonare come i bambini piccoli per poter riacquistare almeno un minimo di indipendenza.
Quando ha avuto le prime protesi?
Nell’estate del 2017, quando i moncherini sono guariti completamente. Prima le gambe, anche se molto rigide e poi, nel 2018 e 2019 le braccia.
Ricorda la sensazione di quando è tornata a camminare?
Ero al laboratorio LOA di Asti e piangevo perchè non volevo le protesi alle gambe. Luca, il tecnico di laboratorio specializzato, mi ha fatto coraggio, ha insistito e me le ha legate. Poi mi ha messo a terra e mi ha fatto camminare: 28 passi. Li ricordo ancora oggi, uno per uno. Da allora non mi sono più fermata perchè in quel momento ho capito che potevo tornare come prima. O almeno avvicinarmi molto.
Restavano le braccia da riacquisire.
Feci la prima visita a Budrio per le protesi agli arti superiori. Il moncherino del braccio sinistro è talmente mal ridotto che accoglie solo una protesi estetica. Ma il braccio destro no. Potevo sperare in una mano funzionale.
Chi le ha dato questa notizia?
I tecnici di Budrio in collaborazione con il LOA. Mi hanno detto che ero una candidata perfetta per una mano mioelettrica, ovvero guidata dalla mia mente.
Quando è arrivata la sua “mano bionica”?
Nell’autunno scorso, grazie anche ad una imponente raccolta fondi che è stata fatta a nome mio. Ora tre mattine la settimana vado “a scuola”, sto imparando a comandare con il mio cervello i movimenti che facevo con la mia mano vera.
Come funziona la mano bionica?
Gli specialisti hanno passato molti giorni a “mappare” le terminazioni nervose sul moncherino. E poi, ad ognuna di essa, hanno applicato dei sensori che trasmettono gli impulsi che io invio con la mia mente alla mano robotizzata. Per me non è difficile, perchè io la sento già come se fosse la mia mano di prima. La sindrome dell’arto fantasma non mi ha mai abbandonato.
Quali sono i traguardi raggiunti finora con la mano super tecnologica?
Tanti. Uso il telecomando della tv, uso il telefono cellulare, bevo da sola, apro e chiudo la porta, mi pettino da sola. Senza mano, con uno speciale braccialetto magnetico che applico al moncherino, riesco ad agganciare la forchetta per mangiare da sola e non farmi imboccare. E riesco a scrivere. ho già riempito quattro quadernoni di racconti della mia esperienza.
Che cosa le manca di più della sua vita di prima?
La verità? Poter andare al bagno da sola. La mia “tata Mara” è splendida e non potrei fare nulla senza di lei e senza i miei figli e le mie nipoti, ma vorrei tanto raggiungere l’autonomia anche in questo.
Lei è un esempio di rinascita.
Devo tanto a tante persone. Dai medici che mi hanno salvato la vita come la dottoressa Bonato della Rianimazione di Alessandria, a Diego e Luca del LOA che mi hanno restituito i movimenti. Dalle fisiatre dell’ospedale di Asti che mi seguono nella riabilitazione a tutte le persone che hanno fatto le offerte per consentire l’acquisto della mia mano bionica, unica nell’Astigiano.
Graziella, di suo, ci ha messo tanto. Un donna che, alle soglie dei 70 anni è una forza della natura; una donna che ha dato un nome proprio a tutti i suoi ausili ortopedici (la mano si chiama Sara, come la fisioterapista di Asti che la segue, la sedia a rotelle è Carolina, il girello è Felice, il pulsante di emergenza che è stato studiato apposta per lei da un tecnico ospedaliero è Antonio.
E, intorno al cuore, il tatuaggio di tre cuoricini concentrici con la F di Franco al centro. Franco, il grande amore della vita perso appena 6 mesi prima della scoperta della sua terribile malattia.

 

Gara di solidarietà

C’è una “notizia nella notizia” che riguarda la storia incredibile di Graziella.
Ed è che la sua mano bionica è stata un regalo non solo degli straordinari passi da gigante della bioingegneria, ma anche della generosità di tanti.
Infatti, il costo per il complesso arto tecnologico veniva coperto solo in parte dal sistema sanitario nazionale, così i restanti 40 mila euro circa sono stati raccolti grazie all’impegno della Fondazione Adriano Laiolo che ha organizzato una sottoscrizione ed eventi e manifestazioni per mettere insieme la cifra necessaria.
Fra i primi ad aderire le due aziende per la quale Graziella ha lavorato, la Tosti e la Nuova Aptaca di Canelli e poi tante altre donazioni, anche minime, di persone che hanno contribuito a restituire l’autonomia alla donna.

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