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Yousef et Matilde
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Viaggiando

Il viaggio verso la Palestina di Yousef e Matilde passa da Valfenera

Partiti dal centro della Francia a settembre, Yousef e Matilde viaggiano con i loro quattro figli e la fedele asinella Nina

Cercano di viaggiare leggeri Yousef, Matilde e i loro quattro figli Noon di 10 anni, Jood di 7, Ninawa di 5 e Jal di 2 anni e mezzo, per non appesantire il lavoro della fedele asinella Nina a cui spetta il compito di trainare la loro “carrozza” – così l’ha definita una delle tante persone che hanno incontrato in Italia – su cui è allestita una tenda da campeggio.

Partiti dalla Haute Vienne, nel centro della Francia, si sono lasciati alle spalle la loro vita, a dire il vero già non molto convenzionale, per fare il viaggio della vita, diretti in Palestina. Ieri, lunedì sono arrivati a Valfenera, dove, grazie al passaparola, sono stati ospitati da Marco Trinchero che ha aperto loro le porte della sua azienda agricola in regione San Sebastiano e dove li abbiamo incontrati questa mattina. Da Valfenera ripartiranno nel loro lento pellegrinaggio e raggiungeranno i due “buoni” contatti che hanno già ottenuto lungo il percorso, prima ad Asti e poi a Felizzano.

Il loro viaggio è cominciato a settembre dell’anno scorso e il loro progetto è di percorrere i paesi europei solo via terra fino alla Turchia.

«La Turchia è la certezza – racconta Yousef – dopo è tutta un’incognita, ma la nostra intenzione è quella di raggiungere la Palestina».

Che cosa ha spinto la famiglia Najmeddin ad intraprendere questo lungo cammino lo si può leggere proprio sulla bandiera della Palestina che campeggia sulla loro casa mobile: “Alzati e cammina” c’è scritto in arabo, francese e ora anche in italiano.

«Lo scriveremo in tutte le lingue dei paesi che attraverseremo – dice Yousef – il nostro messaggio che abbiamo scritto sulla nostra tenda ci ricorda perché siamo partiti: “Non sognate la vostra vita, vivetela!”. Ci siamo detti di non aspettare tempi migliori per viaggiare, per conoscere il mondo e per mostrarlo ai nostri bambini. Conosciamo tante persone che lavorano quarant’anni sognando di viaggiare quando andranno in pensione e avranno tempo, ma quando questo tempo arriva, non hanno più le energie o devono combattere con le malattie della vecchiaia. Noi abbiamo deciso di fare il contrario. Ora che ne abbiamo le forze e che i bambini possono seguirci, prima che prendano la loro strada nella vita, abbiamo deciso di prenderci il tempo e di partire tutti insieme. Ci sono cose che non si imparano spiegandole. Bisogna farle».

E di cose, i quattro bambini Najmeddin ne stanno imparando parecchie. Noon, la più grande, che ci tiene che il nome della mamma si scriva “sans hache” (senz’acca), racconta che Marco li ha fatti salire sul suo trattore e che nel pomeriggio gli spiegherà come le api fanno il miele.

Che cosa si lasciano dietro lo spiega Matilde: «Dopo aver lavorato per anni abbiamo comprato una piccola casa dove poter coltivare il nostro cibo e vivere senza sprechi – dice con serenità – gli abiti sempre riciclati e abbiamo scelto di mangiare solo francese per rispetto a ciò che ci circondava, anche se abbiamo scoperto che davvero poche cose vengono ancora prodotte in Francia. Non festeggiamo il Natale e i compleanni perché per noi in ogni giorno ci può essere un motivo per festeggiare e così abbiamo bisogno davvero di poche risorse per vivere bene».

Non è un viaggio “social” quello dei Najmeddin: niente Instagram, niente Facebook. Un po’ per scelta per godere appieno del viaggio, un po’ per risparmiare energia. Si spostano con un piccolo pannello solare per ricaricare il cellulare. Unica eccezione il diario quotidiano delle loro tappe che pubblicano su un gruppo Whatsapp, “Najmeddin en mode nomade”, strumento utile per poter trovare i contatti per raggiungere la meta successiva.

Finora questi viaggiatori fuori dal tempo non hanno incontrato particolari difficoltà. Sono stati accolti dappertutto con spirito solidale.

«Spesso dobbiamo spiegare che non abbiamo bisogno né di cibo, né di altri generi di conforto – spiegano Yousef e Matilde – anzi questi doni ci mettono in difficoltà perché non abbiamo modo di consumarli o lo spazio per portarceli dietro. Quello che cerchiamo da chi incontriamo nel nostro viaggio sono contatti di persone disposte ad ospitarci durante il cammino. Quello che vogliamo spiegare ai nostri figli è il senso di accoglienza, la solidarietà umana, il rapporto con le persone. Vogliamo che imparino qualcosa di nuovo da ogni incontro che facciamo per strada. Non abbiamo bisogno di altro».

E a guardare le facce serene e sorridenti, anche se un po’ assonnate, dei bambini di Yousef e Matilde, davvero si capisce che non hanno bisogno di niente. Solo di buona strada.

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