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Confronto candidati a sindaco di Asti4
Attualità
Elezioni comunali

Le priorità del futuro sindaco di Asti nel confronto organizzato da La nuova provincia

I candidati Chirio, Crivelli, Demaria, Puglisi, Rasero e Ruffino hanno risposto alle nostre domande approfondendo temi e progetti per la città

Sei – di sette – candidati a sindaco di Asti si sono confrontati, giovedì pomeriggio in Sala Pastrone, nell’incontro organizzato da La nuova provincia per approfondire con loro programmi e temi di stretta attualità. Hanno risposto con favore al nostro invito Chiara Chirio (Italexit), Paolo Crivelli (Lista Civica Paolo Crivelli Sindaco – Prendiamoci Cura Di Asti e Asti Oltre, Partito Democratico, Europa Verde, Uniti Si Può, Ambiente Asti, Cambiamo Asti, Movimento 5 Stelle), Marco Demaria (Azione, Più’ Europa, Volt), Salvatore Puglisi (Lista Civica Adesso Asti), Maurizio Rasero (Lista Civica Maurizio Rasero Sindaco, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Con Asti Nel Cuore, Lista Civica A.S.T.I, Lega, i Giovani Astigiani, Asti Al Centro – Unione Di Centro) e Margherita Ruffino (Il Popolo Della Famiglia). Assente per motivi di lavoro il candidato Maurizio Tomasini (Ancora Italia).

Prima dell’inizio del dibattito è stato l’editore de La nuova provincia Andrea Cirio ad aver ringraziato, anche a nome della sorella ed editrice Roberta, i candidati e i cittadini presenti in sala per aver preso parte all’evento. Un confronto che il giornale ha voluto organizzare offrendo all’opinione pubblica un momento di riflessione e di approfondimento in vista del 12 giugno. «Lo scopo di questo confronto è quello di offrire informazioni in più per dare l’occasione di esprimere un voto più consapevole – ha spiegato Cirio – Per noi è un servizio nel solco di una storia, quella del nostro giornale, iniziata quasi 70 anni fa». A moderare l’incontro è stato il giornalista Riccardo Santagati che ha dato ai candidati tre minuti per rispondere alle varie domande.

Un confronto iniziato su un tema comune a tutti i candidati, il lavoro, che dev’essere al centro delle politiche amministrative di Asti, anche se continua a mancare. «Il Comune non è un’agenzia di lavoro, ma può creare le condizioni affinché si creino i presupposti per sviluppare lavoro – ha osservato il moderatore – Eppure, nonostante Asti sia in una zona geografica tra le più ricche d’Europa, le sue aree industriali sono in parte vuote». Per Chirio «bisogna rendere più attrattivo il nostro territorio e creare condizioni per generare occupazione orientandosi anche verso scenari futuri, come le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale». Crivelli ha spiegato di voler dare molta importanza «al costo dell’energia, soprattutto in un momento così delicato come questo; pensiamo che si possano creare comunità energetiche nel nostro scenario economico anche attraverso il PNRR».

«Ad Asti non ha funzionato tutto perché abbiamo due mancanze: le infrastrutture che servono alle imprese, sia fisiche, sia digitali – ha osservato Demaria – e ci sono troppe lentezze burocratiche dovute a tanti fattori. Sicuramente bisogna fare di tutto perché da parte della pubblica amministrazione le risposte per gli imprenditori siano più veloci e lineari». Per Puglisi «non ci possiamo permettere di lasciare zone, anche centrali, all’abbandono e al sottoutilizzo e contemporaneamente non dare la possibilità ai nostri ragazzi di trovare la strada nel loro contesto sociale senza dover emigrare altrove; un esempio è l’ex Way Assauto, sito centrale facilmente raggiungibile, vicino all’ex Enofila, il cui recupero, che proponiamo, potrebbe portare effetti positivi in tutto il quartiere». «Ci sono delle priorità – ha spiegato Rasero – e Asti non potrà più avere le industrie che aveva prima. Forse si è sbagliato troppo a non immaginare che il sistema Fiat sarebbe collassato. Ora il ruolo principale è quello della logistica e grazie alla modifica che abbiamo fatto al Piano regolatore le aziende avranno più possibilità di espandersi, a cominciare dall’arrivo di Amazon. A questo aggiungiamo la nostra partita per fare di Asti un retroporto di Genova».

Nessun dubbio da parte di Ruffino: «È un periodo di crisi, ma questa c’è soprattutto grazie alla burocrazia che è la peste più pestifera e che fa scappare le industrie, i cervelli. In più ci sono le scalate delle aziende estere. Arrivo da una famiglia di industriali che hanno impiantato diverse filiali all’estero, in Canada, Russia, Spagna e a Pechino, dove lavora mio genero. Ci hanno messo cinque minuti ad aprire, qui invece ci mettiamo dei secoli. È logico che la gente investe altrove».

Non poteva mancare un passaggio sul recupero e rilancio dell’ex ospedale che, per la terza volta, resta un “tema caldo” della campagna elettorale (fu già al centro di annunci e “buoni propositi” nel 2012 e del 2017). Ex ospedale che non è del Comune, ma dell’Asl (quindi della Regione), ma che non ha saputo trasformarsi in un grande progetto condiviso e trasversale di quelli che la città non vede da decenni. Perché Asti non riesce ad esprimere progetti strategici condivisi su cui convogliare tutte le forze in gioco? «Non ci sono stati abbastanza dialogo, condivisione e confronto tra cittadini e istituzioni – ha risposto Chirio – Secondo me è questo il problema, prima ancora che l’aspetto economico. Forse c’è bisogno di lavorare di più in questo senso».

«All’inizio dell’amministrazione Rasero c’erano 41 contenitori vuoti – ha osservato Crivelli – e 41 ce ne sono oggi alla fine della sua amministrazione, tra cui l’ex ospedale che è quello più emblematico. Nell’ex ospedale vorremmo fare una cittadella della conoscenza perché è adiacente all’università, a cui teniamo molto». «Penso che Asti sia una città bellissima nonostante i molti problemi che ha, – ha aggiunto Demaria – ma il problema principale di Asti lo raccontava già Vittorio Alfieri nelle sue lettere: una mentalità dell’astigiano che porta ad avere queste difficoltà. Si cita Alba come esempio di virtù, ma posso dire che là sanno fare squadra tutti insieme. Noi siamo invece malati di “orticellismo” ed è per questo che abbiamo bisogno di una nuova visione della città e di futuro. Dobbiamo fare squadra creando il “brand” di Asti».

Puglisi ha ricordato che quando è arrivato ad Asti, 40 anni fa, «si parlava già di Palasport, ma sono passate dieci amministrazioni e non c’è stato nulla. Nessun interesse di nessuna amministrazione per poter insediare un progetto valido e come su questo su tante altre opere; penso che il male delle amministrazioni locali riguarda la mancanza di continuità: un’amministrazione finisce e l’altra che arriva è bastian contraria. Così non avviene ad Alba».

Tassativo il sindaco uscente Rasero: «Faccio amministrazione da anni, ma purtroppo su molti temi si vedono persone che se vai a leggere i verbali dei Consigli precedenti, quando avevano altre cariche, facevano affermazioni esattamente contrarie a quelle sostenute oggi, da una parte e dall’altra. Questo perché viviamo in un’epoca dov’è scomparsa la programmazione e dove si vive alla giornata cercando di massimizzare il risultato elettorale, essendo sempre in campagna elettorale. Asti vede discontinuità politica da 30 anni. Io stesso ho ricevuto in eredità dal mio predecessore il progetto “Vino e Cultura”, che ha ottenuto i soldi, ma a causa della burocrazia non siamo ancora quasi riusciti a mettere un mattone, anche perché le valutazioni fatte in precedenza avevano alcune problematiche».

Per Ruffino a mancare «è il senso civico degli italiani: all’estero non ho mai visto un Paese così disunito come il nostro; se si avvia un progetto nelle amministrazioni, chi viene dopo lo distrugge e fa altro. Lo stesso avviene in Parlamento. Se facciamo solo così, che uno costruisce e l’altro distrugge, resteremo sempre al punto zero».

Il cabaret di bignole “accende” le divisioni della campagna elettorale

Durante il confronto tra i candidati a sindaco non sono mancati attimi più accesi tra i protagonisti. Uno di questi si è registrato nel giro di risposte su un’osservazione fatta dal moderatore. «Uno dei voi candidati – ha detto il giornalista – ha dichiarato che in questa città c’è chi va nei quartieri periferici con i cabaret di bignole a chiedere il voto. Ma qual è la difficoltà che trovate nel portare il vostro messaggio ai cittadini?».

Alcune risposte hanno attirato applausi, altre qualche mugugno in sala. «Portare le bignole in periferia per conquistare la gente è una cosa che succede dappertutto – ha risposto Ruffino – Molti anni fa si era soliti portate le damigiane di vino nel campo nomadi per avere il voto. La gente è sfiduciata e rimane difficile farsi ascoltare». «Io di solito ho sempre preferito le penne, sono più gradite delle bignole – ha risposto Rasero – Ho fatto campagna elettorale dal ‘98 in avanti e non noto differenza, anche se forse negli ultimi anni sta aumentando la parte social. Detto questo ritengo che le più belle cose della mia vita le ho fatte con le gambe sotto il tavolo; specie nella nostra tradizione il mangiare è quel momento che ti aiuta anche a essere presente».

«Ai miei banchetti si fermano probabilmente per il mio fascino – ha risposto Puglisi, scherzando – Comunque, per non sbagliare ho arruolato tra i miei candidati un pasticciere, perché di risorse ne ho poche. Ma, al di là di tutto, la gente si ferma perché parlo di sicurezza e decoro urbano, due temi che interessano tutti». Demaria ha evidenziato che «un conto è suggellare un patto tra persone amiche, che si conoscono, intorno a un cabaret di bignole, un conto è se il cabaret di bignole è come un mazzo di rose che il marito porta alla moglie quando l’ha tradita. Se il metodo con cui si avvicinano le persone che ci devono votare è lo stesso del ‘98 e si preferisce buttarla sul ridere, piuttosto che parlare di temi, allora questo succede perché è meglio non parlare di temi o perché non se ne hanno. A me piacerebbe volare un po’ più alto del cabaret di bignole».

Crivelli ha risposto a nome di tutte le liste che lo sostengono: «Se tu offri un cabaret di bignole ti aspetti che quello ti voti, ma per noi la campagna elettorale parte dalla necessità di ascoltare gli altri. Abbiamo cominciato a capire cos’era nel cuore e nella mente della gente. Cerchiamo di portare delle risposte il più possibile attinenti. Io ho imposto una sobrietà e mi dà fastidio spendere dei soldi quando la gente fa fatica arrivare alla fine del mese. Tutte queste migliaia e migliaia di euro che le persone spendono, lo fanno per occupare un posto in Consiglio comunale o per qualcos’altro?».

Infine Chirio che ha risposto partendo dalla sua esperienza personale: «Ho sempre creduto nella politica e ne sono rimasta profondamente delusa. Proprio per questo motivo, rappresentando il senatore Paragone, sono qui per dare un’alternativa a chi non crede più alle logiche della vecchia politica. Il cabaret di bignole è sicuramente un metodo efficace per alcuni, purtroppo, ma è anche molto attraente per altre persone. Non per quelle con cui mi confronto nelle piazze e che raccontano una realtà drammatica».

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