«Ci hanno telefonato e convocato ai Servizi Sociali. Lì, negli uffici, ci hanno informato che nostro figlio di 20 mesi era morto la settimana prima e che erano già stati fatti i funerali. Cii hanno comunicato la posizione della sua tomba, in un loculo del cimitero di Asti. E non abbiamo potuto dargli l’ultimo saluto».
Una storia di infinita tristezza quella che ci viene raccontata da una coppia astigiana che, pur ammettendo i propri limiti genitoriali, rivendica forte il diritto a dare l’addio al suo bambino morto così piccolo.
Il padre è Lorenzo Scudellaro, la madre non gradisce la pubblicità del suo nome.
«Mario Domenico (questo il nome del piccolo n.d.r.) è venuto alla luce il 14 settembre del 2020 – racconta la madre – noi eravamo già seguiti dai servizi sociali che hanno ritenuto non fossimo in grado di crescerlo. Ci hanno fatto scegliere il nome e noi abbiamo voluto che portasse i nomi dei suoi nonni. Era nato prematuro con problemi di respirazione ed era stato messo in terapia intensiva neonatale. Noi non l’abbiamo mai portato a casa, è andato direttamente in affidamento».
Per dieci mesi i genitori hanno continuato ad incontrarlo una volta ogni quindici giorni nel corso di incontri protetti con i servizi sociali. Poi, quando si è aperto l’iter per la sua adozione, il giudice ha disposto l’interruzione delle visite e dei rapporti fra genitori naturali e bambino.
«Mio figlio era molto malato, ci hanno parlato di una malattia rara – continua la madre – sappiamo che è stato molto seguito, curato bene, gli sono stati fatti tutti gli esami e alcuni sono stati fatti anche a noi per sapere se vi erano origini genetiche. Ma evidentemente non c’era una cura adatta per lui. Crescendo ha avuto problemi sempre più gravi».
Seguiti dall’avvocato Caranzano, i genitori naturali hanno ritenuto di non fare opposizione al decreto di adozione, sicuri che sarebbe finito in una famiglia che si sarebbe occupato di lui.
In effetti il piccolo è stato accolto da una coppia affidataria che lo ha amato moltissimo e lo ha seguito nella malattia sacrificando tutto.
I due genitori naturali non hanno più saputo nulla del loro figlio.
Fino a quando hanno ricevuto la telefonata dell’assistente sociale che li ha convocati e ha dato loro la tristissima notizia: Mario Domenico era passato dalla famiglia affidataria ad un centro per bambini gravemente malati a causa di crisi sempre più frequenti fino a quella più grave che ha provocato l’arresto cardiaco.
«Ce lo hanno detto così che il nostro bambino era morto nove giorni prima. E che era già stato sepolto al cimitero di Asti. Perché non ci hanno avvertito appena è successo? Avremmo potuto vederlo per l’ultima volta, lo avremmo salutato, avremmo partecipato al funerale. E’ disumano tutto questo. E’ vero che non potevamo avvicinarci perché era in via di adozione, ma visto che era mancato che male ci sarebbe stato a dare la possibilità ai suoi genitori di piangerlo? Non siamo stati considerati genitori in grado di crescerlo ma questo non significa che non stiamo soffrendo come ogni altro padre e madre che perdono un figlio».
Il giudice minorile, che aveva già dichiarato l’adottabilità del piccolo, aveva espressamente fatto divieto di ogni ulteriore contatto, di ogni genere, con i genitori naturali. Che hanno potuto sapere della scomparsa del piccolo solo in virtù di una sofferta scelta etica presa dai Servizi Sociali di Asti i cui operatori hanno ritenuto giusto informare la coppia.
Che non si dà pace.
Sul cellulare guardano in continuazione i video girati durante gli incontri protetti e subito dopo la foto del loculo in cui è stato sepolto. Davanti a quella tomba ci vanno ogni volta che possono.
«E mi aspetto che, quando verrà fatta la lapide definitiva, ci sia il mio cognome perché io l’ho riconosciuto alla nascita e non essendo ancora stato dato in adozione, è ancora mio figlio» conclude il padre Lorenzo.
Tribunale
- 27 Novembre 2024
- Redazione