È andato in scena venerdì scorso, nel cortile della Biblioteca Astense, uno degli appuntamenti più attesi di questa edizione di “Passepartout”, terminato domenica scorsa, quello con Paolo Conte e Manuela Furnari (astigiana e autrice di “Paolo Conte. Prima la musica”) che, moderati da Alessia Conti, hanno raccontato “Razmataz”.
Un’opera dal nome spigoloso, una sorta di giallo e di musical, una lunga poesia ma anche un “film” che si potrebbe guardare ad occhi chiusi. Un buffetto affettuoso sulla guancia della moglie seduta in prima fila e Paolo Conte è salito sul palco salutato dall’applauso di una platea stracolma, con spettatori giunti in largo anticipo per assicurarsi un posto. Giacca nera, polo verdone e maglia in tinta buttata sulle spalle, si è seduto in attesa delle domande.
“Razmataz” è un’opera, ambientaa a Parigi negli anni Venti, riproposta nel 2019 da Feltrinelli in un volume che raccoglie la sceneggiatura originale, il dvd dell’opera-video e il saggio inedito “Quando correva il Novecento”, scritto da Manuela Furnari con interventi dello stesso Paolo Conte. Un racconto a due voci tra la studiosa e il Maestro che, man mano, svela particolari, aneddoti, chiavi di lettura sull’opera e i diversi personaggi.
Le parole di Paolo Conte
Su quest’opera temeraria, ambiziosa e unica, Paolo Conte ha scherzato. «Sapendo che la mia saggista di fiducia, Manu Furnari, di “Razmataz” parlerà benissimo, io sono tentato di parlarne male per avvisare lo spettatore che potrebbe essere preso dalla noia e dalla fatica perché dura due ore e mezza». Un “film” in cui nulla si muove, costruito con l’assemblaggio di 1.800 disegni, 28 brani di musica e dialoghi in cinque lingue. «Ogni personaggio – ha spiegato Furnari – parla nella sua lingua originale e tutto è sottotitolato». Un lavoro per cui si è discusso sui secondi che avrebbero dovuto durare le immagini, ricco di brani strumentali o cantati in lingue straniere. «Un’opera d’avanguardia – ha sottolineato l’autrice – una grande rete in cui nomi rimandano ad altri nomi, ad altre storie e suggestioni».
Un giallo che comincia da un sogno, da una stazione, da un treno, da Monsieur Rideau, direttore di teatro, che aspetta una compagnia di sei ballerine ma ne arrivano solo cinque perché una, Razmataz, è scomparsa. «A questo punto si inseriscono altri personaggi», ha raccontato Furnari. «Tutti importanti – ha aggiunto il Maestro – tutti implicabili».
Per creazione dell’opera, Paolo Conte, autore assoluto di testi, musiche e disegni, si è ispirato anche a luoghi di Asti. «Come il vecchio casermone – ha detto – che noi da ragazzi chiamavamo Shanghai».
Tra un intervento e l’altro, sullo schermo alle spalle degli ospiti apparivano disegni, suonavano musiche, echeggiavano canzoni, spezzoni di “Razmataz”. Opera in cui l’ironia del Maestro ha trasformato citazioni famose, come “pape Satàn, pape Satàn aleppe” di Dante, in “pane salame, pane salame a fette”.
C’è il turista italiano Pastrone, in Razmataz, omaggio alla nostra città; c’è Zara, un’artista di Berlino; c’è un accostamento tra opera lirica e jazz con “pasta diva”. «Titolo goliardico – ha spiegato Conte – che spero Vincenzo Bellini mi perdonerà».
E’ stata una serata in cui ad un certo punto il Maestro ha chiesto un caffè decaffeinato, come a casa di amici, e in cui ha detto che un personaggio che vorrebbe ancora incontrare è Louis Armstrong. Una serata in cui tutti siamo stati un po’ più orgogliosi di essere astigiani. Come lui.