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Cumuli di rifiuti al campo rom in un'immagine di repertorio
Attualità
Il caso

Campo rom di Asti: si punta ad accelerare verso la totale bonifica dell’area

Ma l’ultima parola spetta al Comune che da solo non riuscirebbe a sostenere i costi

Dopo i ripetuti incendi di rifiuti, sui quali le forze dell’ordine continuano a indagare, l’emergenza sanitaria del campo rom di via Guerra non può più essere solo “discussa” in tavoli tecnici oppure oggetto di indignazione e rabbia, da parte di forze politiche e di cittadini: va risolta e con una certa fretta. Il nuovo prefetto di Asti, Claudio Ventrice e il questore Sebastiano Salvo, che sostiene da quando è arrivato ad Asti, quasi 2 anni fa, la necessità di bonificare l’area, hanno ribadito al Comune di agire in tal senso. Che si debba intervenire in maniera radicale ne sono convinti anche l’assessore alla sicurezza Marcello Coppo e il sindaco Maurizio Rasero, sebbene gli ultimi due siano quelli più “esposti” nel prendere la decisione più urgente e costosa: spostare i circa 80 rom rimasti in via Guerra in un luogo di accoglienza temporanea, magari coinvolgendo la protezione civile per gestire questa nuova area, radere al suolo e bonificare l’attuale campo rom e, particolare non così scontato, impedire che si crei un nuovo “campo rom” altrove. «La soluzione a quel problema, che è soprattutto di natura sanitaria e di sicurezza per chi vive lì, non può essere la militarizzazione a tempo indeterminato dell’area – commenta il questore Salvo – Quel campo è una discarica a cielo aperto, una bomba innescata contro la dignità umana. Ci sono persone fragili, anziani, bambini che devono essere ricollocati, ma è il Comune che dovrà decidere come procedere».

E qui iniziano i problemi noti a tutti. Il campo rom di via Guerra tecnicamente non esiste più da anni. L’amministrazione Rasero, con il cambio del regolamento su cui aveva lavorato proprio l’assessore Coppo, ha creato i presupposti affinché tutti i nomadi di Asti, residenti nei campi del Comune, diventassero “occupanti senza titolo”. In primis i rom. Quindi, in questo momento, i circa 80 abitanti (sono quasi tutti italiani con la residenza ad Asti) occupano un’area di proprietà del Comune nella quale mancano le più basilari precauzioni di natura igienica e sanitaria. I roghi appiccati nei pressi del campo hanno solo peggiorato una situazione già infernale che si trascina da anni, da un problema all’altro, senza che nessuno abbia ancora raggiunto l’obiettivo di chiudere il campo rom per sempre.

«Oggi siamo arrivati al dunque – commenta l’assessore Coppo – perché vedo la volontà di operare velocemente, ognuno con le proprie possibilità, per trovare una soluzione in tempi rapidi». Ma Coppo sa che il Comune non può ancora garantire né una data, né i dettagli dello spostamento dei rom. A dirlo è anche il sindaco Maurizio Rasero che è lapidario: «Sono stati fatti dei passi avanti, ma il Comune da solo non può risolvere il problema». Non è solo una questione di soldi, dal momento che lo sgombero, la ricollocazione e soprattutto la bonifica del campo rom inciderà sulle casse del Comune, quindi degli astigiani, per una cifra che si stima possa oscillare tra 100 e 200 mila euro. Il problema è, prima ancora, politico: dove portare i rom affinché vengano messi in sicurezza? Molti di loro, con il cambio del Regolamento, l’obbligo di pagare le utenze di luce e acqua direttamente, ma anche a causa delle condizioni disumane di vita, hanno deciso di andare via acquistando case indipendenti o spostandosi in cascine di proprietà. Chi è rimasto sembra non poter avere questa possibilità, ma secondo le graduatorie ATC non avrebbe neanche un accesso facilitato alle case popolari.

Quindi dove ricollocarli? Le ipotesi sono tante, le certezze poche. Intanto ogni giorno che passa ci sono circa 80 astigiani la cui incolumità è messa a serio rischio dal degrado sanitario in cui vivono, con o senza i roghi.

[foto di repertorio nei pressi del campo rom]

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Una risposta

  1. 80 astigiani la cui incolumità è messa a rischio? Ma di cosa sta parlando? Ma ha visto l’intervista in TV dove diversi di questi “astigiani” hanno dichiarato di “sapere” chi appicca i fuochi ma di non poter “parlare”? Questa cosa si chiama omertà e forse complicità. E poi che ne è di tutti gli altri astigiani che si devono subire l’inquinamento dell’aria ogni anno per N volte l’anno, con rischi per la salute al momento ignoti nonché incontrollati? Chi dovrebbero denunciare, Pantalone?

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