Dei tanti elementi che la Corte d’Assise di Asti presieduta dal dottor Dovesi ha tenuto in considerazione nel condannare i fratelli Adrian e Valentin Betea per il pestaggio mortale di Georgiev Gorancho, quello che spicca fra tutti è la testimonianza del figlio allora dodicenne della vittima che vide gran parte della terribile spedizione punitiva dalle finestre di casa.
E’ quanto emerge dalle motivazioni sulla pena a 17 anni inflitta ai due cittadini romeni per l’epilogo di quella tragica Pasquetta del 2016 in cui avvenne la violentissima rissa e poi il pestaggio del padre di quattro figli.
I giudici togati e popolari sono molto chiari nel credere a Martin che, in aula, in udienza protetta, ha riportato i ricordi terribili di quel giorno. «Egli ha ripercorso i fatti, seppur dolorosi, attraverso un racconto lineare, genuino e privo di evidenti contraddizioni rispondendo con semplicità e naturalezza alle domande di tutte le parti senza alcun intento di rivalsa nei confronti degli imputati».
E così il suo racconto in cui parla del padre che è stato colpito alla testa da Valentin e poi trascinato e chiuso nel garage della famiglia Gorancho insieme ad altri cinque è uno spaccato veritiero di quel che accadde.
Da quel garage Gorancho non sarebbe più uscito sulle sue gambe.
Seduto contro il muro venne soccorso prima dalla moglie e dalla figlia più grande che lo caricarono sull’auto per avvicinarlo all’ambulanza che lo avrebbe portato in ospedale dove i medici non avrebbero potuto fare nulla per rimediare al gravissima trauma cranico che, quattro anni dopo, lo avrebbe portato alla morte.
E non ha trovato casa la testimonianza dei due fratelli imputati che hanno raccontato, nell’ultima versione in aula, di non essere responsabili del colpo fatale a Gorancho, inferto invece dal loro terzo fratello Alin che avevano deciso di coprire durante i primi interrogatori. Alin che durante il primo processo in abbreviato (quando le accuse erano solo di tentato omicidio visto che Gorancho era ancora in vita) era stato assolto e che in questo si è avvalso della facoltà di non rispondere. I difensori dei Betea, avvocati Saraniti e Abate Zaro stanno già lavorando al ricorso in Appello.