Siamo ad Asti, in piazzale Penna, giardini del Milite Ignoto, vicino alla scuola media Brofferio e a poche centinaia di metri dalla Questura. Sono le 7,50 e mentre gli studenti si apprestano ad entrare in classe, due uomini sono accovacciati sotto un albero, davanti alla fermata del bus. Sono entrambi pakistani e hanno trasformato quell’albero nel loro piccolo rifugio, stendendo un cartone sul prato e coprendosi con alcune coperte. Attendono di poter accedere agli uffici della polizia per rivendicare il diritto d’asilo.
Questa mattina, mercoledì, erano due i pakistani, di cui nessuno sa nome, cognome, nessuno conosce la storia, salvo ipotizzare che siano giunti ad Asti come clandestini attraverso la tratta balcanica. Ieri mattina, stessa ora, stesso luogo, il bivacco era occupato da un altro pakistano, anch’egli in attesa di chiedere asilo.
Sono gli stessi pakistani che si possono vedere, da molte settimane, davanti alla Questura di corso XXV Aprile avvolti da coperte e “in fila” per chiedere lo status di rifugiati. Temono che allontanandosi dall’ingresso dell’edificio possano perdere il turno, oppure di non poter più avere la possibilità di essere riconosciuti perdendo l’occasione di trovare accoglienza in un CAS (Centri di accoglienza straordinaria). La Caritas ha dato loro assistenza insieme ad altre associazioni, ma quando viene sera l’unica soluzione che trovano e spostarsi nei primi rifugi di fortuna che incontrano per attendere il giorno dopo.
Da qualche giorno il copione è sempre uguale: loro passano la notte vicino alla questura, nel giardino, poi si svegliano quando gli studenti della Brofferio stanno entrando a scuola, si coprono fino alla testa, quasi a voler passare inosservati, ma gli alunni e i genitori li osservano e certo si chiedono se sia normale tutto questo.
Qualche genitore si lamenta, ma ai più fanno pena. C’è chi si domanda come faranno quando il clima inizierà a peggiorare. Poi, segnalato il bivacco alla polizia municipale, una pattuglia interviene per farli alzare.
«Adesso questa storia deve finire perché non è possibile che tutti i giorni si creino bivacchi ai giardini – commenta deciso l’assessore alla Sicurezza Luigi Giacomini, esponente di Fratelli d’Italia – Giovedì mattina sarà presente un agente della municipale, ma ricordo che si tratta di clandestini che non dovrebbero neanche esserci. Oggi stesso chiamerò il questore per confrontarmi su questa situazione che non è più accettabile».
La richiesta di asilo inizia proprio con l’identificazione negli uffici della Questura. È un passaggio obbligato per interrompere lo status di clandestino e ricevere quello di richiedente asilo. Così facendo si possono ricevere i primi documenti che danno diritto a poter lavorare e alle cure sanitarie. Per i pakistani non ci sono alternative e ad oggi non esistono altri luoghi dove poterli accogliere in attesa del riconoscimento. Sono scene da terzo mondo, piuttosto sconfortanti, che difficilmente possono essere liquidate come “prassi”. Dura lex, sed lex: la legge è legge.
Quali saranno, se ci saranno, le nuove direttive del Governo Meloni a riguardo lo vedremo nelle prossime settimane. Nel frattempo si resta a guardare, con le mani in alto, arrendendosi all’evidenza che nessuno possa intervenire se non, a quanto sembra, spostando il problema da un luogo a un altro.