«Il mio nome è spesso associato al rock perché ho partecipato al tour di “Fronte del palco”, considerato il disco più aggressivo di Vasco Rossi. In realtà lavoro molto con cantautori pop e suono il jazz. Insomma, mi adatto alle varie esperienze: per me l’unica distinzione è tra buona e cattiva musica».
A parlare è Andrea Braido, noto chitarrista che dalla metà degli anni Ottanta ha cominciato a partecipare a tournée e ha contribuito a realizzare dischi in studio di famosi cantanti e cantautori italiani, da Vasco a Mina, da Laura Pausini a Zucchero. E che, ora, è anche legato alla nostra provincia per essere, insieme all’Orchestra Sinfonica di Asti, una delle due “anime” del progetto “Symphony of rock”, concerto che intreccia musica sinfonica e rock ospitato nei giorni scorsi al Teatro Alfieri a conclusione della rassegna itinerante Monferrato on stage.
Lo abbiamo intervistato per conoscere meglio i passi della carriera e i progetti futuri.
Gli inizi
I suoi impegni professionali l’avevano già portata nella nostra provincia?
Sì, sono stato uno dei primi a suonare al festival di Aramengo e sicuramente sono venuto in città in occasione di alcuni tour anni fa.
Lei è polistrumentista. Ha cominciato con la batteria, per poi passare al pianoforte e, quindi, alla chitarra. Come è nato l’amore per questo strumento?
Per due motivi. Suonando la batteria, che è uno strumento ritmico, mi mancavano le note musicali in quanto armoniche.
Poi sono stato affascinato dal chitarrista del gruppo in cui, da ragazzino, suonavo la batteria. Mi piaceva come si contorceva mentre faceva gli assoli, apprezzavo il fatto che la chitarra fosse uno strumento “fisico”.
Da lì è nata la passione per uno strumento cui mi sono avvicinato da autodidatta. Tengo e precisare, però, che continuo a suonare la batteria, fondamentale per il mio modo di concepire il ritmo.
Quali erano i suoi miti quando ha cominciato a suonare la chitarra?
La scintilla più forte l’ha data Jimi Hendrix, di cui amavo molto i dischi. Al contempo, da batterista, ascoltavo tanta musica, per cui alla “scintilla” si sono affiancati il Santana degli esordi e i Deep Purple.
Va anche detto che mio padre mi aveva fatto ascoltare i dischi di chitarristi jazz fin da bambino, facendo emergere la mia sensibilità latente verso la musica.
All’inizio della sua carriera è stato negli Stati Uniti. Ci racconti…
Subito dopo il servizio militare sono partito per l’America. Mi rendo conto di essere stato molto coraggioso, perché ho lasciato un paese di 9mila abitanti del Trentino per andare a suonare in jam session a New York e Boston. Sono state esperienze fondamentali per la mia carriera.
Il motivo per cui sono tornato in Italia è legato al fatto che sentivo una grossa solitudine, tipica della vita nelle metropoli americane.
Quando sono rientrato, comunque, si sono aperte le porte del mondo della musica italiana. Sono stato chiamato a prendere parte alla tournée con Patty Pravo, nel 1986, da cui è iniziato il mio iter anche nel pop.
Le torunée
Da quel momento ha cominciato ad andare in tournée con i più grandi cantautori italiani…
Sì. In quel periodo mi aveva avvicinato un Baccini sconosciuto che stava provando ad affacciarsi al panorama musicale italiano e mi aveva proposto di fare dei provini. Così è nata una collaborazione che si è protratta per 4/5 dischi.
Inoltre il mio nome “girava molto” nel mondo della musica perché, oltre al pop, suonavo jazz in vari club storici di Milano e Genova. Così da arrivare a Vasco Rossi, che in quegli anni aveva rotto i rapporti con la sua band. Alla fine del 1988 sono andato a fare un’audizione per lui e poi, dopo un periodo in cui ho dovuto capire cosa voleva da me musicalmente, è nato “Fronte del palco”, considerato uno dei dischi più potenti della sua carriera. Vengo spesso associato a quel tour perché un concerto così aggressivo e spiccatamente rock non si era mai sentito in Italia.
Cosa ha provato in occasione dell’audizione?
Ero molto tranquillo, anche perché dopo l’esperienza a New York vissuta a vent’anni non temevo nulla. Sono arrivato con la barba folta, tanto che i presenti mi guardavano come se fossi un marziano perché si erano immaginati un musicista con un altro aspetto.
Ci può raccontare un aneddoto legato al tour “Fronte del palco”?
Un giorno, durante un concerto nelle Marche, c’era una leggera pioggerellina per cui il palco era bagnato, compresa la pedana frontale dove mi muovevo. Il problema è che, mentre correvo durante un assolo, sono scivolato e “volato” fuori dal palco con la chitarra e il radiomicrofono. Una guardia del corpo mi ha “acchiappato” al volo e mi ha “rimesso” sul palco, per cui ho continuato a suonare come se nulla fosse.
Con chi ha lavorato successivamente?
Durante le prove con Vasco mi ha chiamato anche Mina, ma ho dovuto rinunciare per mancanza di tempo.
Poi sono seguiti vari impegni, tra cui il tour con Zucchero, quattro/ cinque dischi importanti in studio, le tournée con Ramazzotti all’estero e, nel 1991, il primo disco con Mina, cui ne sono seguiti altri dieci.
Nel frattempo ho lavorato di nuovo con Vasco, quindi con Laura Pausini, Celentano, per poi prendere parte ad altri tour con musicisti stranieri, oltre a realizzare vari dischi solisti a partire dal 1991. Ho infatti una folta discografia personale che affianca i dischi con i cantautori italiani.
Lei ha un’anima rock?
Sono associato molto al rock per via dei tour con Vasco, molto popolari. Però sono anche uno dei musicisti che ha partecipato alla realizzazione del dvd in studio di Mina dopo trent’anni che non si mostrava in pubblico.
Insomma, ho sempre studiato per essere in grado di affrontare le varie esperienze. Per me, in sostanza, la distinzione è solo tra buona e cattiva musica.
I progetti per il futuro
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Innanzitutto il progetto con l’Orchestra Sinfonica di Asti, ideato da Cristiano Massaia, che prevede l’intrecciarsi di rock e musica sinfonica. Un progetto a cui tengo moltissimo e che verrà proposto in tutta Europa.
Al contempo sto lavorando ad un nuovo disco acustico, che dovrebbe uscire la prossima primavera, e sto prendendo parte ad altri progetti jazz che mi vedranno suonare prima di Natale in varie zone del Sud Italia.
Nel suo libro “Energy life”, realizzato con Andromeda production e in vendita su Amazon, fa riferimento al fatto che la musica viene bistrattata dalla televisione. Ci spiega il suo punto di vista?
E’ evidente che ormai la musica è bistrattata a colonna sonora ironica di situazioni comiche. In televisione si parla solo dei cantanti e non si considera quasi un mestiere quello del musicista. Ritengo sia contradditorio che in uno Stato che si autoproclama Paese dell’arte si abbia questa considerazione dei musicisti.
Io ho una personalità forte e mi difendo, ma ci sono colleghi che patiscono molto questa situazione.
In tale contesto, sono felice di non andare in televisione: quando è successo in passato, suonavo dal vivo e c’era una considerazione diversa. Ora si ragiona solo sulla base dell’audience.