Quando tanti anni fa ha scelto di indossare l’uniforme dell’Arma dei carabinieri, sicuramente non pensava che il suo ultimo giorno di lavoro prima della pensione lo avrebbe passato in un’aula di tribunale vestendo i panni di parte offesa dopo un pesantissimo “linciaggio” mediatico.
Eppure così è stato per il luogotenente della compagnia di Bra che ha sporto decine di denunce nei confronti di un uomo che, a sua volta, ha sporto negli anni innumerevoli esposti inviati a procure, ai comandi di tutte le forze dell’ordine prendendosela, di volta in volta, con persone diverse per fatti diversi.
Finora tutte le denunce fatte a carico del luogotenente sono state archiviate perchè nessun pm di turno ha ravvisato la benchè minima violazione di comportamento.
Giovedì scorso si è presentato in aula nel giorno del suo compleanno, l’ultimo in servizio nell’Arma per raggiunti limiti di età. L’ultima volta che indossava l’uniforme. E, dal banco dei testimoni, ha raccontato la lunga serie di episodi che gli hanno cambiato la vita, gli hanno avvelenato gli ultimi anni di servizio e lo hanno messo in seria difficoltà anche in ambito familiare, visto che, complici i social, foto e informazioni personali sono state rese di dominio pubblico.
Il luogotenente e il suo comandante di allora della Compagnia fanno risalire l’acredine nutrita dall’imputato nei confronti dell’allora maresciallo all’epoca in cui il militare, nelle vesti di comandante di caserma, aveva disposto il rispetto della misura agli arresti domiciliari e poi delle numerose notifiche che arrivavano a seguito delle precedenti e numerose denunce già sporte dall’uomo a carico di altre persone.
Nella sua testimonianza ha parlato di continue discussioni ad ogni controllo e alle notifiche dell’autorità giudiziaria, con l’imputato che metteva sempre davanti la sua invalidità (intorno al 50%). Era arrivato a inviargli in copia gli esposti su Messenger e quando, in caserma, il maresciallo gli fece presente di non usare i suoi canali social privati, l’imputato mostrò chiaramente il suo disappunto dando la stura ad un’intensificazione della sua opera nei confronti del militare.
Prima solo con i post sui social (anche su blog creati dall’imputato) e i soliti esposti. Poi ha alzato il tiro.
«Ad un certo punto ho scoperto che girava in rete un libro autopubblicato dall’imputato – ha raccontato in aula il luogotenente – che portava in copertina una mia foto, il mio nome e il titolo che contiene l’accusa secondo la quale avrei minacciato un disabile. Con dentro il suo racconto che non corrisponde al vero e foto mie personali, con mia moglie e mia figlia prese dai nostri profili Facebook».
Libro che l’imputato, difeso dall’avvocato Vitellaro, ha pubblicizzato sui social ricevendo centinaia di commenti feroci contro l’allora maresciallo e la sua famiglia.
«Ancora oggi, se si digita su internet il mio nome, appare la copertina di quel libro» ha concluso amareggiatissimo il luogotenente costituito parte civile e rappresentato in aula dall’avvocato Giuseppe Vitello.