Dopo aver sentito la famiglia, gli amici e i colleghi di lavoro, era l’ultimo atto che serviva per chiudere l’indagine sulla tragica morte di Valerio Pesce, 28 anni, avvenuta esattamente quattro mesi fa per mano del padre, Piero di 61 anni.
Nei giorni scorsi il medico legale ha depositato le conclusioni dell’autopsia al pm Cotti: un calcolo scientifico e matematico di quelle coltellate (ne ha contate più di quanto in un primo momento erano state ipotizzate ad un’analisi sommaria del corpo senza vita) che all’alba di un mercoledì sono state sferrate dal 61enne.
Padre e figlio erano tornati a vivere insieme nell’alloggio di viale Indipendenza da qualche settimana. Il figlio aveva grossi problemi economici nella conduzione della sua tabaccheria ad Alba. Si era un po’ perso, forse anche a causa del dolore mai sopito per la perdita, qualche anno prima, della madre, stroncata da un male incurabile che l’aveva consumata.
E quella scomparsa aveva anche minato profondamente il marito, Piero Pesce il quale, pur mantenendo un’apparenza di grande calma e pacatezza, non riusciva ad accettare la morte della moglie. L’uomo è stato qualche ora in casa con il corpo senza vita del figlio e, a sua volta, ha tentato di suicidarsi. Per questo motivo, oggi, detenuto al carcere di Biella, è monitorato continuamente.
E’ probabile che la Procura non tardi molto a chiedere il giudizio immediato, vista l’evidenza dell’accaduto e la piena confessione resa dal padre.
Il suo difensore, l’avvocato Carla Montarolo, affaccia una perizia psichiatrica che possa rendere in forma giuridicamente ricevibile il forte disagio mentale che l’uomo sta vivendo.
«E’ un uomo ancora fortemente provato da quanto accaduto quattro mesi fa, che non riesce neppure a parlare di quel fatto e non vuole pensare alla sua difesa – commenta l’avvocato Montarolo – Per lui il tempo si è fermato a quella mattina maledetta».
Viste le aggravanti contestate, allo stato attuale si va verso una Corte d’Assise, appena verrà definito il suo rinvio a giudizio.