Le sue condizioni sono migliorate al punto da spingere i medici a risvegliarlo dal coma farmacologico al quale era stato sottoposto. E al pm Guerra della Procura di Alessandria ha confessato tutto: «L’ho uccisa io, non so cosa mi sia preso, forse un raptus».
Parole che sanciscono i sospetti nati fin dal ritrovamento del corpo senza vita di Floriana Floris nella casa di Borgo Villa di Incisa Scapaccino e del compagno Paolo Riccone al piano superiore in stato confusionale dopo aver tentato il suicidio in tre modi diversi e aver vegliato per tre giorni il cadavere della donna.
Riccone, originario di Incisa dove il padre era il benzinaio del paese, era ricoverato da venerdì alla Rianimazione di Asti dopo aver tentato di ingerire della candeggina, aver fatto abuso di psicofarmaci e tentato di tagliarsi le vene con un coltello. Al suo risveglio ha trovato il pm Guerra e i carabinieri del Reparto Operativo di Asti e della Compagnia di Canelli che gli hanno chiesto conto di quanto accaduto da martedì in avanti. E lui ha ammesso di aver posto fine alla vita della compagna, originaria di Milano, madre di una ragazza. L’ha uccisa con oltre trenta coltellate e saranno i Ris di Parma, che di lame sporche di sangue ne hanno sequestrate diverse nella casa di Incisa, a stabilire quale o quali siano stati usati per l’efferato femminicidio.
Riccone è stato sentito alla presenza del suo avvocato, Federica Falco di Alessandria, che ha già annunciato una perizia psichiatrica sull’uomo. Non ha saputo indicare i motivi di tale terribile gesto.
Gli inquirenti, in questi giorni di indagini, hanno appurato che l’uomo soffriva di una grave depressione da quando ha perso, anni fa, la moglie per un male inguaribile; dopo lei ha perso la moglie e due mesi fa il padre. Consulente del lavoro per il Ministero e ricercatore con sede di lavoro ad Alessandria, aveva accompagnato la morte del padre assistendolo fino alla fine. Proprio questo lo aveva spinto a trasferirsi ad Incisa due anni fa.
Non ancora fissata la data dei funerali della donna.