«Al momento la manodopera è una risorsa più rara della materia prima: non si trova. Quindi non possiamo produrre e soddisfare gli ordini che abbiamo, spingendo così i nostri clienti a trovare fornitori alternativi che ci faranno concorrenza, magari copiando i nostri prodotti».
Ha sottolineato più volte le necessità del mercato in termini occupazionali Andrea Amalberto, presidente dell’Unione industriale, in occasione della 88esima assemblea dell’associazione – che conta 200 imprese per un totale di 7.200 dipendenti, con 11 nuovi ingressi nell’ultimo anno e mezzo – svoltasi giovedì presso le Cantine Bosca di Canelli.
Intitolata “Competenze: strumenti e strategie”, era volta a riflettere, con autorevoli relatori, sulla necessità di allineare la formazione dei lavoratori con le competenze necessarie alle imprese, che, come ha spiegato Amalberto, «hanno un disperato bisogno di figure in grado di affrontare il delicato passaggio delle transizioni che ci attendono, legate a digitalizzazione, energia e sostenibilità».
L’intervento del presidente Amalberto
Il presidente ha innanzitutto delineato la congiuntura economica in Italia e nell’Astigiano. «Dopo un ottimo percorso di crescita e uscita dalle situazioni di difficoltà, iniziate con il Covid e proseguite con la crisi delle materie prime nel 2022 – ha affermato – in questi primi sei mesi abbiamo assistito a livello locale ad un rallentamento generale, frutto dell’incertezza del contesto economico. La produzione industriale è stata debole a livello provinciale, con performance inferiori alla media regionale. Nello specifico, un po’ di preoccupazione arriva dal dato relativo al fatturato export, nostro fiore all’occhiello, che ha visto nel primo trimestre un arretramento dello 0,7% rispetto all’anno precedente».
«In Italia, comunque – ha proseguito – nel 2023 non ci sarà recessione. Ciò è positivo, ma guai a rilassarsi perché il tema della crescita deve essere un mantra per il nostro Governo, soprattutto in vista di un 2024 che segnerà il ritorno delle regole comunitarie di bilancio».
Il presidente, quindi, ha citato quindi le strade da seguire per risolvere due grandi problemi, tra loro collegati, che caratterizzeranno il mercato italiano del lavoro tra il 2023 e il 2027, quando andranno in pensione 2,7 milioni di persone. «Anni in cui – ha ricordato – serviranno 3,8 milioni di lavoratori, in quanto 1,1 milioni saranno legati alla crescita economica prevista nel quinquennio».
Bisogna intervenire, secondo gli Industriali, per sostenere l’occupazione femminile, con programmi di welfare avanzati; favorire l’ingresso nel mondo del lavoro degli immigrati, con semplificazioni per chi vuole venire nel nostro Paese con un contratto di lavoro. E ancora, per promuovere la formazione volta a garantire le competenze necessarie ad affrontare le transizioni in atto.
A questo proposito ha ricordato l’impegno dell’associazione nel seguire due percorsi. «Il primo – ha affermato – riguarda la filiera delle costruzioni: insieme ad Ance Piemonte ed alle altre associazioni di categoria stiamo lavorando per dare vita ad un’Academy che possa aiutare le imprese edili. Il secondo prevede la costituzione di una Fondazione Academy con sede a Canelli, avente come socio fondatore la nostra Unione industriale per rispondere ai fabbisogni del settore dell’enomeccanica».
L’assessore Chiorino
A sottolineare l’efficacia delle Academy l’assessore regionale Elena Chiorino, che ha tracciato le conclusioni dell’incontro insieme a Giovanni Brugnoli, vice presidente per il Capitale umano Confindustria.
«In Piemonte, con la creazione delle Academy di filiera – ha dichiarato Chiorino – abbiamo attuato una vera e propria “rivoluzione” del modello di formazione. Suddiviso in 11 differenti filiere produttive, questo sistema è in grado di creare specifiche competenze che corrispondono ai profili professionali effettivamente ricercati dalle imprese».
Le parole di Ermanno Rondi
L’assemblea è proseguita con la relazione di Ermanno Rondi, delegato all’Education di Confindustria Piemonte, che ha ribadito come «il capitale umano sarà la risorsa strategica essenziale per gestire le trasformazioni del mercato».
Rondi ha infatti delineato un quadro di cambiamenti profondi e continui che le imprese devono affrontare – dalla globalizzazione alla digitalizzazione – in un contesto che, per la provincia di Asti, vede impiegati 64.394 dipendenti (media 2019/2020), di cui 4.196 ultra60enni. Guardando ai dati più recenti, emerge anche il dato sulla disoccupazione. «I disoccupati amministrativi, ovvero coloro che non lavorano e sono iscritti alle liste di disoccupazione – ha precisato Rondi – ammontano, nel 2022, a 9.162, con una variazione percentuale sull’anno precedente del 5,6%».
Tra i numerosi spunti di riflessione proposti da Rondi, anche il preoccupante dato emerso da una recente indagine Inapp in merito all’orientamento. «Dai dati – ha spiegato – si evince che il 49% dei ragazzi all’ultimo anno delle scuole superiori non ha idee chiare sul lavoro che vuole svolgere, e che il 63,4% ha usufruito di servizi di orientamento, ma solo legati all’offerta formativa e non oggetto di una visione occupazionale».
Il dibattito
Dopo il video messaggio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara – incentrato sulla sfida delle nuove e complesse competenze per il futuro – si è poi svolto un dibattito moderato da Filomena Greco, giornalista de “Il Sole 24 Ore”. A parteciparvi, oltre al presidente dell’Unione industriale Andrea Amalberto, Vincenzo Boccia, già presidente di Confindustria e attualmente alla guida dell’Università Luiss Guido Carli; i deputati astigiani Marcello Coppo e Andrea Giaccone; Marco Gay, presidente Confindustria Piemonte; Stefano Serra, presidente Fondazione ITS Mobilità sostenibile, Aerospazio, Meccatronica.
Il valore del lavoro secondo Vincenzo Boccia
Di fronte alla riflessione sul disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, che sta diventando un tema di competitività, Boccia ha posto l’accento sulla dimensione culturale del problema. «Il “filo rosso” che lega tutto – ha affermato – è la centralità del lavoro, fattore di coesione del Paese. E’ un tema culturale su cui ci siamo un po’ distratti. Si è detto che si può ottenere successo senza lavoro, senza impegno, senza sacrificio. Questo la dice lunga sulla pedagogia formativa che ha preso piede negli anni. Siamo passati dall’idea del successo che prescinde dal lavoro a quella in base a cui arrivano i soldi a casa se si è disoccupati, per cui non si ha alcuna colpa se non si trova lavoro. Bisogna tornare al valore del lavoro, che consente la coesione, la conquista della libertà e del diritto alla felicità».
«E’ un racconto diverso», ha proseguito. «Quando vediamo che i giovani vogliono lavorare meno e guadagnare di più, è bellissimo. Ma chi paga in un Paese come il nostro che non ha materie prima, deve alle imprese la sua forza economica e deve far comprendere che la sostenibilità economica è la precondizione per la sostenibilità sociale e ambientale?».
La formazione, secondo Boccia, è quindi il valore del presente e del futuro, strumento per riattivare l’ascensore sociale del Paese e affrontare la complessità del mondo del lavoro.
Il tema del salario minimo
Il dibattito è proseguito con gli interventi dei due deputati astigiani, entrambi membri della Commissione lavoro della Camera. Coppo ha spiegato gli interventi già attuati, come la modifica del reddito di cittadinanza, mentre Giaccone ha riferito sulle misure allo studio, come la stabilizzazione del taglio al cuneo fiscale. Da qui il riferimento al al “tema caldo” del dibattito politico di questi giorni, quello del salario minimo. Boccia si è detto in disaccordo con la proposta di introduzione del salario minimo a 9 euro all’ora. «Sarebbe un danno per i lavoratori – ha affermato – perché le aziende uscirebbero dall’attuale sistema contrattuale potendo pagare di meno, dato che la media attuale è di 12 euro all’ora, indebolendo così i corpi intermedi dello Stato, e potrebbe sempre arrivare un “Masaniello di turno” che promette 20 euro all’ora, mandando in default l’intero sistema».
In chiusura si è parlato dell’importanza del percorso post diploma rappresentato dagli ITS. «Un modello – ha affermato Serra – che ha successo perché è flessibile, con una curvatura che arriva dalle imprese».