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Cronaca
Le voci dal territorio

Grandinata nel Nord Astigiano, i giovani agricoltori disperati pensano ad abbandonare le vigne

Troppi i danni del disastro di dieci giorni fa che arriva dopo annate già molto difficili

Quei 10 minuti di apocalisse sotto forma di grandine sono stati in grado di annichilire anche chi, per età ed entusiasmo, aveva puntato tutto sulla coltivazione della terra.

Come Elisa Caudana e il suo compagno che hanno rilevato i vigneti di famiglia a Pino d’Asti. Poco più che trentenni la loro è stata una scelta di vita presa con grandissimo entusiasmo, ancor più per aver voluto la svolta biologica di tutta la produzione.

«Coltiviamo 13 ettari di Freisa, Barbera, Bonarda, Malvasia e Nebbiolo per vinificare l’Albugnano – dice Elisa – Abbiamo perso tutto il raccolto, il 100% delle uve. E non siamo neppure assicurati perché ha costi troppo altri. Io e il mio compagno viviamo di questo perché coltiviamo, vinifichiamo e pratichiamo vendita diretta. Gestiamo tutto da soli con la fatica in più della coltivazione biologica. Ma così non possiamo andare avanti. Stiamo seriamente pensando di chiudere l’azienda o, comunque, di trovare altre occupazioni principali e magari tenere la vigna come hobby o poco più».

Parole amarissime ma profondamente realistiche.

Sulla stessa lunghezza d’onda un altro giovane coltivatore, Luca Ferrero di Cà del Prete di Pino che polemizza con i negazionisti del cambiamento climatico: «Sono le statistiche che parlano: nel 2017 abbiamo perso metà raccolto, nel 2019 il 70%, nel 2022 a causa della siccità la produzione è calata del 60% e quest’anno del 100%. Ho una piccola azienda, di 4 ettari e mezzo e quest’anno non avrò un solo grappolo da vendemmiare. Bisognerà per forza trovare un’altra entrata, un’altra fonte di reddito perché ormai è chiaro che per le aziende di queste dimensioni sarà impossibile o almeno troppo rischioso d’ora in avanti vivere solo di vigna».

Da Moncucco arriva una richiesta molto precisa da Mattia Mosso, figlio di Mario, titolare dell’omonima azienda vinicola che coltiva 8 ettari di vigna per vinificare Freisa, Albugnano, Dolcetto, Malvasia.

«La legge ci consente di acquistare a scopo vinificazione una quantità di uve che non superi quella di nostra produzione – spiega Mattia – ma noi abbiamo perso il 100% del raccolto e dunque non potremo acquistare un solo grappolo di uve. Come facciamo a mantenere in vita i contratti con i clienti che serviamo? Rischiamo di perderli per sempre. Serve una deroga per eventi come quello capitato la scorsa settimana, altrimenti si condannano le aziende alla chiusura».

E non è bastato neppure avere il favore dei Santi per salvarsi dalla grandine. Gabriele Moglia, di Moncucco, è titolare dell’azienda agricola che annovera, nei suoi 14 ettari di filari, anche la vigna in cui lavorò a lungo San Giovanni Bosco da garzone. Anche quella completamente “pelata” dalla grandine. «Non si molla, ma quanto possiamo ancora andare avanti? – si chiede Gabriele – Basta fare due conti per capire che non è più un’attività sostenibile con eventi calamitosi come questo».

Gli fa eco un altro giovane coltivatore, Gianluca Febbraro, anch’egli di Moncucco che produce vino e nocciole. Tra i filari conta  la perdita del 100% di raccolto nelle vigne sotto Castelnuovo Don Bosco e del 50% in quelle di Moncucco Torinese. Nei noccioleti va a ripulire il suolo delle tante, troppe nocciole non ancora mature sbattute a terra da grandine e vento.

 

I sindaci chiedono lo stato di calamità naturale

C’è un altro sentimento che serpeggia nei Comuni gravemente colpiti dalla grandine oltre alla disperazione degli agricoltori ed è quello di delusione dei sindaci che, più o meno velatamente, hanno percepito una certa indifferenza della politica “più alta” nei confronti di questo evento.

Si sono sentiti dimenticati e per “sollecitare” la memoria hanno inviato una lettera al presidente della Regione Cirio, a quello della Provincia di Asti Rasero, al Prefetto e a quelli delle tre principali associazioni agricole oltre all’Associazione Atima.

Hanno richiamato i danni negli orti, nei noccioleti, nelle vigne con compromissione anche sui “legni” che si riverbererà sulle rese dei raccolti dei prossimi anni.

«La zona colpita non è estesa come in altri Comuni del Piemonte – scrivono i sindaci firmatari – ma i danni causati potrebbero mettere in seria difficoltà la sopravvivenza di alcune aziende in un territorio fragile e in fase di crescita». Per questo chiedono il riconoscimento dello stato di calamità naturale per poter adottare le iniziative di legge più opportune per la valutazione del danno.

Le firme sono quelle dei sindaci dei Comuni attraversati dalla violentissima grandinata: Bargetto per Moncucco, Rago per Castelnuovo Don Bosco, Angilletta per Albugnano, Marchisio per Pino, Massaglia per Passerano e Lupo per Berzano.

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