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letizia capparelli baldichieri
Economia
Sindacato

Vertenza Fortes, la Cgil replica all’azienda: «Va mantenuto il contratto artigiani»

Il passaggio a quello agricolo viene ritenuto peggiorativo, soprattutto per quanto riguarda il fatto che non ha accesso alla Naspi, l’ammortizzatore sociale in caso di perdita di lavoro

A stretto giro di posta arriva la replica al comunicato della proprietà da parte  della Flai Cgil, la categoria sindacale che ha indetto lo sciopero dei 125 dipendenti della Fortes attualmente impiegati nella macellazione delle carni a Baldichieri.

Il testo integrale

Come Flai CGIL non possiamo non fare chiarezza rispetto al comunicato fatto uscire ieri dall’azienda cedente Fortes, che da come scritto pare evidente sia stato condiviso con l’azienda acquirente CM (Gruppo Chiola).
I lavoratori in protesta davanti ai cancelli dell’azienda di Baldichieri hanno il diritto (garantito dalla legge e non dalla “benevolenza” aziendale) di vedersi tutelato il posto di lavoro, è previsto infatti dal nostro ordinamento che con una continuità lavorativa, gli attuali dipendenti dello stabilimento con contratto a tempo indeterminato (alcuni da più di vent’anni), debbano avere la continuità del rapporto di lavoro a fronte di una prosecuzione dell’attività lavorative. La “proposta” di assunzione a tempo indeterminato la giudichiamo quindi, come una condizione acquisita.
Riteniamo però, che nel passaggio delle attività all’azienda acquirente, debbano essere confermati tutti i lavoratori, quindi anche i contratti a termine, perché proprio a seguito di una protesta effettuata nel 2016 alle maestranze fu proposto un aumento dello straordinario fino a 400 ore all’anno, garantendo la prosecuzione delle attività senza ulteriori assunzioni, per venire incontro alle difficoltà aziendali dell’epoca. Oggi quindi riteniamo che non si possa fare a meno di nessun lavoratore occupato, anzi sarebbe opportuno prevedere di aumentare la forza lavoro per distribuire opportunamente i carichi e non inficiare pericolosamente sulla salute e sicurezza dei lavoratori che già oggi sono a rischio di vedersele compromesse.
Riguardo invece all’armonizzazione dei contratti, anche questa è garantita dalle attuali norme di legge in un percorso trasparente di trasferimento da un’azienda cedente ad una acquirente, senza inventarsi nuove forme di passaggio che farebbero solo perdere degli elementi economici ai lavoratori a cui non è stato riconosciuto un giusto trattamento retributivo e che in questo modo non potrebbero più rivendicare.
Ed inoltre l’azienda non ha precisato, quando asserisce che gli verrà riconosciuta la quattordicesima mensilità rispetto ad oggi che ne hanno 13, che questo altro non è che il frutto di una retribuzione annua lorda immutata, solo diversamente distribuita, su 14 mesi anziché 13.
Fatto che comunque non sposta dalla rivendicazione dei lavoratori che nel vedersi passare da un contratto artigiani, quali già non sono, ad un contratto agricolo florovivaista, ancor meno pertinente, chiedono il riconoscimento della loro professionalità ed esperienza che hanno negli anni messo a disposizione dell’azienda effettuando un lavoro molto pesante, in pessime condizioni ambientali per una retribuzione che sarà di circa 1000 euro netti al mese.
Aggiungiamo che con il passaggio al contratto agricolo i lavoratori perderebbero il diritto alla NaSPI, alla Cassa Integrazione in caso di calamità – spesso presente nel settore come nel caso della peste suina – ed altri benefici contrattuali presenti nell’industria alimentare ed assenti in quello proposto.

Era doveroso da parte nostra spiegare, senza retorica o banalizzazioni, i motivi che stanno spingendo 125 lavoratori a proseguire una lotta sacrosanta, perdendo una quota significativa di un già esiguo stipendio, per difendere quello che hanno provato a togliergli negli anni ed in questo ennesimo passaggio, la loro preziosissima dignità».

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