La Regione Piemonte pubblica le graduatorie delle aziende che hanno partecipato al bando sulle misure agroclimatiche ambientali in provincia di Asti e arriva la sorpresa: praticamente tutte escluse quelle del Nord Astigiano e di una larga fascia del resto della provincia. Le uniche che sono rientrate nella graduatoria sono quelle del Sud Astigiano. O meglio, quelle che hanno sede nella zona Patrimonio Unesco.
Un risultato che i tecnici dei bandi avevano già in parte previsto: fra i criteri per la formazione della graduatoria, ben 12 punti erano assegnati alle aziende che si trovavano in zona Unesco. Per dare un’idea del “bottino” di punti che rappresenta, solo 4 erano quelli previsti per le aziende che nei bandi precedenti avevano già fatto domanda ed ottenuto i contributi avviando una riconversione sempre più ecosostenibile nei trattamenti alle loro colture.
Perché quel bando prevede prevalentemente questo: il passaggio massiccio ad agricoltura integrata per la sensibile riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari.
E questo è il primo motivo di malcontento. Il secondo lo indica la Confagricoltura: passando dai 27 milioni l’anno del bando 2014/2020 agli 11 milioni di quello in vigore 2023/2027, a fronte di una necessità di 23 milioni, è ovvio che la metà delle aziende non sono finanziabili.
«Stanti punteggi prioritari per le aziende in zona Unesco e/o in zone vulnerabili da nitrati, risultano di conseguenza molto penalizzate le aziende al di fuori di queste aree. Con questo drastico taglio della dotazione finanziaria, c’è il rischio che molte aziende site in zone più svantaggiate, non riescano a percepire sostegni economici – dice Gabriele Baldi, presidente Confagricoltura di Asti – sostegni che per molte aziende significherebbero mera sopravvivenza, considerando le ingenti spese che sono state costrette ad affrontare negli ultimi anni a causa degli innumerevoli rincari; questi contributi potrebbero inoltre coprire in parte il mancato guadagno causato dalle calamità naturali che si sono abbattute sulle varie colture. Se l’agricoltura non viene sostenuta si rischia l’abbandono di determinate zone con relativi danni ambientali».
«La Confagricoltura di Asti – dichiara Mariagrazia Baravalle, direttore dell’Organizzazione agricola astigiana – approva in pieno la decisione che prevede la riduzione di prodotti fitosanitari e che incentiva anche l’utilizzo di tecniche colturali che tendono ad evitare il dissesto idrogeologico. Tuttavia ritiene che, a fronte di politiche europee orientate sempre più verso la transizione ecologica e la sostenibilità ambientale, sia doveroso trovare il modo di premiare l’impegno da parte di tutti coloro che intraprendono strade in questa direzione, senza alcuna distinzione e che venga garantito a tutte le aziende un adeguato sostegno economico, indipendentemente dalla zona di appartenenza».
Anche la Cia esprime forte perplessità.
«E’ stato di fatto vanificato l’impegno sul fronte della sostenibilità che molte aziende avevano avviato fin dal primo Psr, aderendo al programma per un’agricoltura e un ambiente più puliti. Grave che sia stata di fatto esclusa e penalizzata un’intera area del Nord Astigiano, a dispetto dell’adesione raccolta in passato. La sostenibilità è fondamentale e sarà strategica per il futuro dell’agricoltura, dell’ambiente e dell’ospitalità turistica. Cia Asti incontrerà in settimana i dirigenti regionali e la parte politica e chiederà che le risorse per la misura vengano incrementate in modo da soddisfare tutte le richieste pervenute».