Il Tribunale di Asti lo aveva condannato, nel giro di poche settimane ad una pena complessiva di quasi 14 anni e mezzo per riciclaggio, ricettazione e per le più gravi accuse di associazione di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti e ricettazione.
Ma Giuseppe Francesco Sganga non era mai stato arrestato in custodia cautelare come gli altri imputati perché era fuggito nello stato della Georgia, dove aveva trovato coperture grazie all’appoggio di conoscenti proprio per sottrarsi ai processi celebrati nei suoi confronti in Italia, per la precisione al tribunale di Asti.
La condanna più grave in primo grado, a 11 anni e 4 mesi, è stata pronunciata nell’ambito del processo che attestava l’esistenza di una “locale” di ‘ndrangheta a Bra al cui vertice vi era la famiglia Luppino e, precisamente, i fratelli Salvatore e Vincenzo.
Ad un anno dalla lettura della sentenza, Sganga è stato localizzato a Tblisi, capitale della Georgia grazie alla cooperazione tra le autorità di Polizia italiana e la Polizia della Georgia, con il coordinamento del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale e dell’Ufficio dell’Esperto per la Sicurezza presso l’Ambasciata d’Italia di Tbilisi. Sganga, infatti, era inserito nell’ambito del progetto 1-CAN (Interpol Cooperation Against Ndrangheta), istituito per agevolare le ricerche di catturandi in ambito internazionale, sul presupposto ormai ampiamente dimostrato che la ‘ndrangheta sia attualmente un’organizzazione criminale globale.
Oggi personale della Squadra Mobile di Torino, della Polizia Stradale di Cuneo e dei Carabinieri Cuneo ha arrestato Sganga all’aeroporto di Orio al Serio notificandogli l’estradizione.
I processi d’appello verranno così celebrati in sua presenza.