A nulla è valso, quindi, il tentativo del Comitato spontaneo Santa Maria Nuova di far tornare sui propri passi la Diocesi, nel corso di una riunione tenutasi mercoledì con il vescovo Francesco Ravinale. La chiesa passa agli ortodossi
Mercoledì 29 marzo è in programma la firma dell’accordo tra la Diocesi di Asti e la Comunità ortodossa romena, in base a cui, da aprile, la chiesa di Santa Maria Nuova sarà concessa in uso esclusivo per dieci anni agli ortodossi romeni, che da tempo cercavano una sede per una parrocchia.
A nulla è valso, quindi, il tentativo del Comitato spontaneo Santa Maria Nuova di far tornare sui propri passi la Diocesi, nel corso di una riunione tenutasi mercoledì con il vescovo Francesco Ravinale.
«L’incontro – spiega Marco Gonella, ex rettore del Borgo e componente del Comitato – si è svolto in un clima sereno e costruttivo. Il vescovo ha illustrato le ragioni che l’hanno portato ad assumere tale decisione, nello spirito di fratellanza che lega le due comunità. Da parte nostra, abbiamo sottolineato come la scelta di concedere la chiesa di Santa Maria Nuova sia invece poco opportuna. Infatti va a privare della propria chiesa una comunità che ha già subito molte altre “espropriazioni” che hanno fortemente impoverito il tessuto sociale del quartiere: dalla caserma “Colli di Felizzano” al trasferimento dell’ospedale. Senza contare che in parrocchia, per ragioni economiche, è già stato chiuso nei mesi scorsi il circolo anziani, uno dei pochi punti di socializzazione rimasti in un quartiere ormai “spento”. Piuttosto, si sarebbe potuto destinare alla comunità ortodossa una delle molte altre chiese presenti in città che non hanno una così precisa connotazione territoriale e in cui sono celebrate sporadicamente funzioni religiose. Ovvero, il Santuario della Madonna del Portone (peraltro con architettura bizantina), la chiesa degli Oblati di San Giuseppe in corso Alfieri, la chiesa della Confraternita della Trinità in via Cavour, la chiesa di Sant’Anna (presso il Tribunale), la chiesa della Consolata in via Hope».
Al termine dell’incontro il Comitato ha consegnato al vescovo Ravinale le firme raccolte a sostegno della richiesta di far cadere la scelta su una delle chiese citate in alternativa (circa 500 le firme raccolte, anche da parte di cittadini che non sono parrocchiani) e ha garantito la disponibilità a provvedere ad una raccolta di fondi per finanziare i lavori di manutenzione alla copertura della chiesa. «Siccome anche noi, come la Comunità ortodossa, siamo in grado di venire incontro alle esigenze della Diocesi a livello economico – conclude Gonella – abbiamo offerto questo aiuto, sempre sperando di fare cambiare idea alla Diocesi».
Le proposte sono state quindi analizzate dal vescovo Ravinale. «Le alternative citate – replica – erano già state da noi scandagliate in passato. Ma non sono realizzabili. La chiesa degli Oblati non è nostra, così come quella della Confraternita; quella di Sant’Anna è sconsacrata ed è del Comune; il santuario della Madonna del Portone ha un significato simbolico e fondamentale in quanto tale. L’unica proposta che mi sono riservato di analizzare ancora dopo l’incontro è stata quella della chiesa della Consolata, pur essendo consapevole degli ostacoli, dando mandato al consiglio direttivo dell’Istituto della Consolata, cui appartiene la chiesa, di discuterne».
Il Consiglio si è riunito ieri mattina, ma ha scartato questa ipotesi. «Non è fattibile – ha spiegato don Giuseppe Gallo, membro el Consiglio direttivo e parroco di San Secondo, Santa Maria Nuova e San Silvestro – per diversi motivi. Non ha locali di sgombro né una canonica, per cui non è adatta ad ospitare una parrocchia con molti fedeli e attività come quella ortodossa romena. Fa parte del complesso della Consolata, che ospita una scuola dell’infanzia, per cui non si potrebbe concere il passaggio alla chiesa dall’interno ma solo dall’unico portone della chiesa».
Don Gallo ricorda poi che la Diocesi ha pensato anche ad altre soluzioni, compresa la chiesa di San Rocco («che però necessita di numerose ristrutturazioni, e poi servirebbe maggiormente al quartiere, visto che quella di San Martino è lontana», indica don Gallo). E ancora la chiesa di San Silvestro, finora concessa in modo non esclusivo agli Ortodossi («scartata perché priva della canonica, da noi venduta anni fa per evitare costi troppo alti», ricorda il parroco).
«Invece Santa Maria Nuova, le cui funzioni erano ormai poco frequentate – conclude il sacerdote – fa parte di una grande parrocchia con San Silvestro e San Secondo (quindi con le messe principali nella Collegiata e le attività giovanili in via Arò, ndr). Inoltre possiede una canonica, utile per attività pastorali e incontri».
«Con questa decisione, comunque, non vogliamo preparare il declino della Chiesa, ma aprire gli occhi di fronte al calo di vocazioni e fedeli. Dobbiamo prepararci a gestire la qualità della vita cristiana, ragionando in termini ecumenici. Certo, anche a me fa effetto. Ma ricordo che concedere una chiesa alla comunità ortodossa non ruberà Gesù Cristo a nessuno».
Elisa Ferrando