Quest’anno non c’è stato nessun momento di festa per Carnevale, un evento che non è mai stato caratterizzato in paese da iniziative di particolare rilievo. Fino al 1879 vi era la barbara usanza di tagliare la testa del tacchino appeso per aria con una corda attraverso la strada, con la testa all’ingiù: i fantini vi passavano sotto di corsa a cavallo, fino a che la testa insanguinata della povera bestia si staccava dal collo; dopodiché veniva infilata su un bastone e i partecipanti a questa pagliacciata scorazzavano per l’abitato andando a bere qua e là fino a ubriacarsi.
Gruppi spontanei di giovani cocconatesi organizzavano, già a inizio Novecento, vestiti con costumi alla buona, momenti di goliardia: negli ultimi giorni di carnevale i giovani andassero in giro per il paese con un carretto (foto) per una sorta di questua, accompagnata da canti e schiamazzi, e con quanto raccolto festeggiassero poi tutti assieme.
Nella frazione Vastapaglia vi era un singolare rituale carnevalesco che iniziava la domenica precedente il martedì grasso con le questue eseguite dai maschi (bambini e adulti) alla sera nelle case della frazione e della vicina borgata Tani. Con il ricavato delle questue si organizzava la festa, alla quale veniva invitato qualcuno in grado di suonare la fisarmonica; per l’occasione le donne preparavano i canestrelli. Il Martedì grasso, giorno in cui nessuno avrebbe dovuto lavorare, avveniva il rito dell’Uomo selvatico: un contadino, quasi sempre lo stesso, si recava vigna a potare. Qui veniva successivamente catturato dagli altri uomini della frazione, che lo legavano con la rete utilizzata per trasportare il fieno e lo portavano a casa, dove avrebbe dovuto offrire da bere e mangiare a tutti i presenti. La festa, cui erano presenti anche le figure tipiche del Vecchio e della Vecchia, proseguiva con canti e balli fino a tarda notte.
Anche nei giorni successivi, fino alla domenica del Carnevale vecchio, alla sera si faceva festa. Questa manifestazione si inserisce nel filone di animali (come l’orso di meliga di Cunico) e uomini selvatici, figure emblematiche della tradizionale carnevalesca di alcune aree piemontesi.
A partire dal secondo dopoguerra il Carnevale è stato limitato a un pomeriggio di festa per i bambini e, in alcuni anni, a un veglione mascherato.